Tornano finalmente in Italia anche i Battles, che, tutto sommato, sono sempre stati presenti da noi con puntualità , a dir la verità questa è la data di recupero, che non se non ricordo male, va a sostituire quella fissata nell’Aprile 2020, così a memoria.
Stesso luogo, stessa ora, con la differenza che questa sera siamo immersi nell’estate magnoliese del nostro circolo preferito a Segrate, luogo di culto e di grande passaggio per tour internazionali e non.
Quindi Circolo Magnolia appunto, nella fattispecie, per l’occasione, il palco quello più piccolo, non ci sono folle oceaniche, ma lo spazio adiacente è comunque riempito a dovere con un bel colpo d’occhio da uno zoccolo duro di fan, bissano la data nella capitale al Largo Venue di ieri sera, per questo ennesimo ritorno.
Ridotti, da tempo, ad un duo, festeggiano quest’anno il ventennale dalla formazione e il quindicinale da quel “Mirrored” che fece gridare al miracolo, in versione plebiscito, la critica internazionale, quindi questo 2022, numericamente parlando, ha un suo significato, in realtà è il ritorno alla vita per tanti artisti e musicisti e chi se non una band come loro potesse beneficiarne appieno, sono un progetto che dà ragionevolmente il meglio di sè proprio nella dimensione live, inevitabile, viste le linee sonore che i nostri sono avvezzi a seguire.
Tornando a questo nuovo giro di concerti, sarebbero di supporto all’ultimo disco “Juice B Cryypts” uscito a fine 2019, giusto qualche mese prima che si fermasse tutto, quindi ancora orfano di una presentazione vera e propria.
Disco che consolida il percorso iniziato appunto nel 2007, che lo rimpolpa, ovviamente non generando più l’effetto sorpresa di metà anni zero, semplicemente la sindrome da assegno in bianco, come garanzia di qualità .
Una giornata caldissima, con 37 gradi sfiorati, ci regala comunque una serata più mite e non si soffre l’afa di quest’estate in anticipo e si sta bene, aprono questo inizio settimana i Vanarin, collettivo di stanza a Bergamo, di cui avevo sempre sentito parlare molto bene, immersi in una psichedelica, dalle parti dei Tame Impala, tanto per semplificare, che poi la stessa band di Kevin Parker non è altro che il veicolo di un ovvio revival. I Vanarin fanno una mezz’oretta, molto bravi, rotondi, precisi, anche emozionati, sebbene non certo alle prime armi.
Cambio palco con gli stessi Battles a certificare che tutto sia in ordine, quindi ore 22 in punto si parte.
Dal vivo, chi li ha già visti, ovviamente lo sa già , la sofisticata ingegneria dei loro album, lascia spazio alla stessa attitudine, ma inevitabilmente con una visione più punk e artigianale, strumentazione analogica e pathos a fiumi, suonano praticamente tutto loro due, ed è proprio un viaggio simbiotico di precisione e scambio. Non manca qualche problema di natura tecnica, più per il batterista, che deve intervenire un paio di volte per sistemare il suo set.
Un’ora tirata, come piace a me, rigorosamente senza bis, toccano alcuni episodi dell’ultimo disco come “A Loop So nice” e “Titanium 2 Step”, passando per la opening “The Yabba”, dal precedente “La Di Da Di”, per chiudere tra le altre, sudatissimi e stremati, con l’immancabile “Atlas” che manda tutti a casa dopo sessanta minuti precisi di concerto, non la performance perfetta, ma non si sono certo risparmiati, quindi difficile chiedere di più.