Non poteva esserci occasione migliore per The Zen Circus per intitolare un album “Cari Fottutissimi Amici”, dieci brani che vedono la partecipazione di altrettanti ospiti, una scelta singolare che forse ci saremmo aspettati in un best of, ma che invece Appino e soci si giocano proponendoci nove nuovi pezzi.
Il titolo dell’album è ovvio riferimento al film dell’immenso Mario Monicelli del 1994, ambientato nelle campagne toscane nel periodo immediatamente successivo alla liberazione dai nazisti, film tutto sommato minore rispetto alla sua fantastica filmografia ma con un superlativo Paolo Villaggio.
Per tornare ai cari “fottutissimi” Zen Circus ormai sono nel pieno della loro trasformazione iniziata nel 2016 con “La terza guerra mondiale”, una progressivo cambiamento che li ha portati a diventare una band con una capacità di creare brani più immediati e con uno sforzo produttivo maggiore, pezzi tirati a lucido e con la caratteristica di raggiungere un pubblico più vasto.
Non che ci sia niente di male, in fondo “La terza guerra mondiale” mi era piaciuto poi gli altri progressivamente meno, e ora affronto questo “Cari Fottutissimi Amici” con il timore di non poterlo apprezzare come vorrei, visti i decenni di ascolto e la mia simpatia per Appino e soci.
Il singolo “OK BOOMER”, che aveva anticipato l’uscita, non mi era piaciuto molto, già l’uso del termine ‘boomer’, che, insieme a ‘resilienza’, occupa la top ten delle parole insopportabili, mi aveva preoccupato.
Stranamente il testo è alquanto scontato, ieri facevamo parte più o meno della categoria dei “Siamo solo noi” e oggi siamo dei Vasco Rossi o, peggio, siamo quelli che dicono le stesse cose che dicevano i nostri genitori, per completare partecipa anche Dario Brunori e la sensazione di parodia si attacca addosso.
“VOGLIO INVECCHIARE MALE” da una nuova altra mano a questa sensazione da depressione geriatrica, e a me vengono in mente senza motivo gli Skiantos e la voglia di morire sanissimo, mentre mi deconcentro inizia “FIGLI DELLA GUERRA”, che sarebbe anche un pezzo classico Zen interessante se non si fosse tirato dentro Speranza in un intermezzo rap.
“RAGAZZA DI CARTA” è una invece bella ballata con Luca Carboni, e funziona anche “IL DIAVOLO è UN BAMBINO” con tanto di fiati e l’accoppiata con Emma Nolde che è particolarmente riuscita, mentre sfuma io mi fermo a fare benzina che altrimenti non riesco ad arrivare a lavoro.
Mi limito a segnalare “118” che con la sua linea classica è interessante anche nel testo, mi rianimo anche io, e mi respiro a pieni polmoni anche “MERAVIGLIOSA”, diretta e maestosa negli arrangiamenti e nel testo, in questo caso un azzardo riuscito.
C’è una specie di disillusione che è stata affrontata in vario modo da tanti artisti, è quella consapevolezza dei passaggi che la vita ti riserva e che più o meno ognuno ha trovato il modo di affrontare, <<.. forse sono felice”…a parte quella specie di ovo sodo dentro, che non va nè in su nè in giù, ma che ormai mi fa compagnia come un vecchio amico”…>> recitava Piero Mansani verso la fine di “Ovosodo”, quasi a sottolineare una trasformazione inevitabile ma necessaria, un cambiamento che in un artista può esprimersi in maniera ancora più pronunciata quando gli anni passano e la difficoltà di raccontarsi si accentua.
La presenza di così tante collaborazioni in “Cari Fottutissimi Amici” sembra quasi un tentativo celebrativo che dovrebbe esaltare tutto il lavoro: poteva essere interessante e sicuramente ha l’effetto di spingere verso l’ascolto ma il risultato non esalta, i Zen Circus restano una band da andare a vedere live dove riescono meglio a mostrare la loro natura migliore più diretta, ruvida e sincera.
Credit Foto: Ilaria Magliocchetti Lombi