La celebrazione di “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars” di David Bowie, un album così importante e raccontato da migliaia di scrittori, non è cosa semplice perciò preferisco rompere il ghiaccio con i miei ricordi.
“Starman” è stata la prima canzone che ho ascoltato di David Bowie, avevo una decina di anni e l’album era uscito già da due o tre, io passavo il mio tempo a ascoltare con il mio mangiadischi portatile a 45 giri un centinaio di dischi dismessi dai jukebox immergendomi in un mondo di musica e di autori che ascoltavo per la prima volta, i Genesis di Peter Gabriel, i Beatles, e una marea di artisti degli anni 60 e 70.
Il brano era tra i miei preferiti ma ancora ignoravo chi fosse David Bowie, cosa fosse il Glam Rock, e l’enorme impatto che l’album aveva avuto negli adolescenti di quegli anni, e come sarebbe diventato l’artista che avrei seguito e ascoltato con piacere e attenzione per così tanti anni.
L’album consegna alla storia il personaggio di Ziggy Stardust che diventerà per un pò di tempo l’alter ego di Bowie, il cantante lo interpreterà come fosse un attore di teatro e lascerà che personaggio ed autore diventino una cosa sola.
Ma chi è Ziggy Stardust e soprattutto come è nato nella mente di Bowie?
Prima di questo album al nostro eroe le cose non è che andassero particolarmente bene, “Hunky Dory” aveva venduto poco e il precedente “The Man Who Sold the World” era andato anche peggio anche a causa della casa discografica che non ci aveva creduto molto.
Quelli erano periodi nei quali il risultato insoddisfacente delle vendite poteva inesorabilmente determinare la fine della carriera di un artista, e Bowie era decisamente in un momento determinante per la sua carriera, vicissitudini personali, scarse vendite e contrasti con la casa discografica, una moglie incinta e la sua band che si stava disgregando la mettevano a rischio.
Il personaggio di Ziggy sarà la raccolta di un insieme di influenze che Bowie saprà adattare ad un idea, trasportare la musica nelle sue rappresentazioni oltre la sua forma classica, l’album e i concerti diventano un opera teatrale dove la messa in scena diventa reale e immediata.
In questo senso Bowie va oltre il Glam Rock, se Marc Bolan aveva iniziato un percorso poi interrotto per il tragico evento che tutti noi conosciamo (Bowie lo celebrerà componendo “Song For Marc” che poi trasformerà in “Lady Stardust”), il futuro Duca Bianco riesce a unire i suoi interessi, contatti ed esperienze con l’intenzione di creare una storia, per farne una specie di musical che poi diventerà un album con una chiara potenza evocativa, toccando temi nuovi e un immaginario che prevede la fine dell’umanità e la possibilità di creare una “lore” tutta da scrivere.
Bowie aveva l’idea da alcuni anni, le sue letture di fantascienza e la fascinazione per il romanzo di Anthony Burgess, “A Clockwork Orange”, poi diventato il mitico film di Stanley Kubrick “Arancia meccanica”, la scoperta della novità che aveva toccato con mano nel suo viaggio in America nel quale aveva conosciuto un realtà espressiva estremamente libera incarnata così bene dalle sue frequentazioni, Andy Warhol e il suo circoletto di artisti su tutti, ma anche un concerto a cui partecipò in quel periodo che molto probabilmente gli fece comprendere che l’idea che aveva era da realizzare e al più presto.
Quando Bowie vide esibirsi Alice Cooper capì che non doveva indugiare, il personaggio inventato doveva trovare il suo posto e diventare l’oggetto attorno al quale tutto lo spettacolo si doveva muovere, Ziggy Stardust era una maschera da portare in un concerto rock che doveva trasformarsi allo stesso tempo in uno spettacolo con una base di teatralità assolutamente ricercata e voluta.
A Bowie la cosa riuscì particolarmente bene, soprattutto perchè l’album che accompagnò questo progetto era particolarmente ispirato anche dal punto di vista musicale, pieno di grandi pezzi ai quali Mike Ronson disegnò un vestito perfetto, oltre ad essere stato un grande chitarrista era anche un grande arrangiatore e un musicista incredibile.
“Five Years” è un inizio folgorante, un brano senza tempo e per l’epoca rivoluzionario, così come “Soul Love” che suonava particolare e stravagante, i pezzi sono tutti incredibili e credo non abbiano bisogno di essere ricordati, Bowie inizia la sua spettacolare carriera che lo consacrerà come un mito assoluto e lo consegnerà alla storia.
A distanza di tanti anni mi resta il rammarico di non aver comprato all’epoca il vinile anche se a distanza di qualche anno dall’uscita, ma di essermi accontentato della cassetta registrata da un mio amico che lo collezionava, ma funzionava così se un disco lo comprava un amico allora tu prendevi qualcos’altro.
Il 3 luglio 1973 al termine del concerto all’ Hammersmith Odeon di Londra Bowie decide di mettere in atto l’ultimo colpo di teatro e uccide Ziggy, prendendo il microfono e dichiarando: «Questo è stato uno dei più fantastici tour della nostra vita. Vorrei ringraziare la band. Tra tutti gli show di questo tour, questo in particolare resterà con noi più a lungo, perchè non è solo l’ultimo show di questo tour, ma è l’ultimo show in senso assoluto. Grazie», ma questo lo abbiamo già raccontato in “After the End : David Bowie and The Spiders From Mars, 1973 Odissea nello spazio” che se volte potete recuperare.
Data di pubblicazione: 16 giugno 1972
Durata: 38:37
Tracce: 11
Etichetta: RCA Victor
Produttore: Ken Scott, David Bowie
1. Five Years
2. Soul Love
3. Moonage Daydream
4. Starman
5. It Ain’t Easy
6. Lady Stardust
7. Star
8. Hang On to Yourself
9. Ziggy Stardust
10. Suffragette City
11 Rock ‘n’ Roll Suicide