Arriva anche da noi per un paio di concerti, l’amatissima Ella Yelich-O’ Connor, meglio conosciuta come Lorde, artista neozelandese classe ’96, a tutti gli effetti una popstar a livello mondiale, a braccetto, anche se con numeri relativamente minori, con Taylor Swift e in scia a sua maestà Adele. Milioni e milioni per non dire non lontana anche lei da quasi un clamoroso miliardo di views su “Royals”, la sua hit per eccellenza.
Alla ribalta fin da giovanissima con il folgorante esordio “Pure Heroine”, tutto sommato un percorso se non uguale per ritorno di immagine, ma vicino a quello di Billie Eilish, un cammino precocissimo appunto che le ha fatto vivere un’ascesa mastodontica.
è in Italia per promuovere l’ultimo disco “Solar Power” uscito nel 2021, con il conseguente tour posticipato a quest’anno, due date, una all’Auditorium Parco Della Musica a Roma e questa sera al Castello Scaligero di Villafranca, posto incantevole, già teatro, negli anni, di diversi quanto prestigiosi spettacoli: ricordo gli Arcade Fire annoverarlo tra i migliori luoghi in assoluto e la stessa Lorde, in maniera sincera, ha speso più volte parole lusinghiere, del resto non capita tutti i giorni di suonare in una location così.
Per quanto riguarda il suo ritorno discografico, è stato più volte etichettato come il lavoro più interlocutorio o meno riuscito, che non vuol dire assolutamente brutto, paga forse il dazio di essere il successore di “Melodrama”, sicuramente il suo masterpiece, comunque parliamo, in generale, di grandi canzoni con quell’approccio agrodolce a tratti malinconico farcito di accordi in minore peculiarità , di solito, dei brani più belli.
L’indiscutibile capacità della cantautrice neozelandese di essere credibile quanto efficace in una collocazione mainstream pur rimanendo fedele alle origini indipendenti, non a caso gode di stima e considerazione tanto da essere spesso e volentieri, gradito ospite nei festival più blasonati, che non hanno certo bisogno di artisti di seconda fascia o banalmente commerciali per riempire il billboard, o di endorsment da personalità di calibro assoluto, che hanno visto in lei il futuro della musica pop.
Dicevo, il disco nuovo è stato accolto con giudizi altalenanti, forse condizionati da una produzione più leggera, ma le canzoni non mancano anche in questo nuovo album, del resto parliamo di un talento mostruoso che appena diciassettenne fu in grado di scrivere e produrre di suo pugno hit, che hanno lasciato il segno, come dire, al di là dei gusti, siamo dalle parti della fuoriclasse.
Venendo al concerto, innanzitutto due parole sul guest di apertura, Marlon Williams, connazionale della padrona di casa, invitato ad aprire le danze: sono le 20 esatte quando delizia il pubblico con una serie di brani cantautorali di buona fattura, in totale solitaria, alterna chitarra acustica e pianoforte, quanto un utilizzo moderato delle tracce in base, correlando il tutto con improbabili balletti, un cantato da crooner, serio e scanzonato allo stesso tempo, leggerezza che, a tratti, mi ha rimandato ai Kings Of Convenience, canzoni d’amore e un pizzico di sana simpatia hanno catturato sinceri applausi.
Lorde sale in cattedra per le 21,15 circa, un set diviso in una sorta di 4 atti correlati da cambio abito, esattamente tre, più i classici bis a chiudere.
Musicalmente parlando, al primo periodo più elettro, da popstar mainstream, è stato affiancato un mood seventies, con reminiscenze psichedeliche ed echi beat, più esasperato rispetto all’ultimo disco stesso, che comunque, nonostante, come detto sopra, l’accoglienza da alti e bassi, per quanto mi riguarda, è un bel lavoro, ma che risulta ancora più convincente nella dimensione live, dove forse trova il suo habitat ideale, regalando l’opportunità di completare la setlist aggiungendo quell’anima analogica che mancava nei primi comunque bellissimi dischi e magari anche più riusciti. Di fatto è il momento migliore per vederla dal vivo.
Va detto che il concerto è stato di per se clamoroso e un aggettivo migliore non si potrebbe trovare, quindi anche il più scettico purista della musica che conta, non può, eventualmente, che ricredersi di fronte a tanta bellezza.
Artista straordinaria e band parte di una sceneggiatura o scenografia stessa, quasi da serie tv maniacale o di un film di Wes Anderson: cantavano, suonavano e recitavano accerchiando spesso e volentieri una sorta di scala mobile, leit motiv dello stage e punto di riferimento appunto della scenografia stessa. E’ anche difficile descrivere uno show così curato e studiato nei minimi termini, sono convinto che meglio di tutto ciò sia davvero difficile fare.
Le scelte di repertorio sono state abbastanza eterogenee andando a pescare vecchi e nuovi successi, ma per il pubblico di giovani fedelissimi non ha fatto differenza, dato che il sing-a-long è stato costante e all’unisono su tutte le canzoni in programma, nessuna esclusa, per citare, in ordine sparso, quelle più recenti, si incomincia con la delicata “Leader of a new regime” che apre il primo filotto, ma anche, “Stoned at the mail station” piuttosto che “Fallen Fruit” o perchè no “Mood Ring” , per il sottoscritto, la migliore di questo terzo album, scritta benissimo: torno a ribadire, il controverso “Solar Power”, non sarà a livelli del sophomore, forse più per le scelte in fase di produzione che non avranno convinto, anche perchè coraggiosamente in contro vertenza a quelle precedenti, che per la scrittura stessa.
“Melodrama” è assolutamente sviscerato e lo sarà anche in futuro vista l’enorme qualità , non possono mancare le varie “The Louvre”, “Homemade Dinamite” o “Green Light”, clamorosamente bypassata “Liability” (probabilmente la sua canzone migliore in assoluto) in favore di una rara “Writer in the dark” (anche’essa pianoforte e voce) da “Pure Heroine”, chiudono la guinness song “Royals” e “World Alone” su richiesta del pubblico.
Di fatto, la prima classe della musica pop.