Tornando ad abbeverarsi alla fonte di una elettronica “totale” (dall’idm al trip-hop), il progetto Moderat (Sasha Ring aka Apparat e i due Modeselektor, Gernot Bronsert e Sebastian Szary) viene riplasmato per un quarto episodio pienamente riuscito, un po’ meno immediato rispetto ai lavori precedenti ma comunque sempre memorabile.
Il flusso di informazioni del sempre più caotico e indecifrabile mondo moderno viene filtrato attraverso gli attoniti versi di un Apparat sensualmente poetico ma anche vulnerabile e nostalgico, mentre il disco suona proprio come un risveglio elettronico post-pandemico, che si rifà in parte ad uno stile storicizzato, in parte rinnovando la veste di un progetto artistico che non ha smesso di essere dannatamente affascinante.
La scaletta come al solito offre diversi sapori e diverse prospettive, che riconducono tutti a una compatta visione musicale sempre morbida e pulsante come un cuore trafitto, ma per questo ancora più vivo.
La strumentale “Fast Land” apre le danze con cadenze narcolettiche e placidi climax sintetici: una sorta di “Teardrop” in un utero urbano invece che umano.
“Easy Prey” coniuga pulsazioni frastagliate ad una vena poeticamente astratta, facendoci immergere in un clima insieme gelido e avvolgente.
“Neon Rats” sfreccia tra palpiti technoidi attraverso danze tribali suburbane, in un crescendo irresistibile. “More Love”, “Numb Bell” e “Doom Hype” offrono ognuna una faccia dei teutonici (romantica, meditabonda, sensuale), facendo risplendere nell’oscurità le curatissime cesellature del sound, ma soprattutto assicurando all’ascoltatore un grande impatto e profondità emotiva.