A quattro anni dal loro esordio “Wednesday”, i Just Mustard tornano con un nuovo album davvero interessante e centrato. La band di Dundalk (Irlanda) ha recentemente accompagnato i Fontaines D.C. aprendo i concerti nel lungo tour che li ha portati anche a Milano nel Marzo scorso. Ho avuto quindi la possibilità di ascoltare la bella voce di Katie Ball in una serata condizionata da distanze sociali, QR Code, mascherine e posti a sedere. La musica ha però una caratteristica che la pone su un piano superiore, magico direi: quello di farti uscire dalle emozioni negative per trascendere in uno stato mentale estraneo a tutte le situazioni contingenti.
Il periodo pandemico ha ovviamente rovinato i piani di molte band e i Just Mustard non fanno eccezione.
L’insperato successo di “Wednesday” con il sold out dell’album favorito dal buon riscontro del mercato americano aveva alzato le quotazioni della band fino all’ambito onore di aprire i concerti dei Cure e a partacipare ad importanti festival come il Primavera a Barcellona.
Lo stop forzato ha dato modo al quintetto irlandese di sperimentare nuovi suoni e atmosfere superando il concetto iniziale di un album che riproducesse le sensazioni sonore di un concerto live cercando così di uscire da quella che era stata la loro confort zone.
Le chitarre con i loro sofisticati effetti di David Noonan e Mete Kalyon trovano anche in questo sophomore il modo di farsi notare, basti ascoltare i barriti in “Still” con la voce distaccata di Katie che si arrende alla corrente del fiume “I’m Yours in this River“.
L’arduo compito di aprire l’album è ben ripagato con la splendida e l’ipnotica “23”, la voce eterea della Bell e il cupo intro vengono spezzati dal batterista Shane McGuire che con Rob Clarke al basso si occupano della parte ritmica che sembra fondersi in uno stile particolare ai suoni delle chitarre. E’ questa alchimia che rende la band di Dundalk qualcosa che va oltre lo shoegaze, ascoltiamo l’atmosfera che sanno creare in “Seed”: il nostro compito è entrare in sintonia con loro, capire dove ci vogliono portare, probabilmente in un mondo fatto di malinconie e tensioni emotive, non certo un facile viaggio.