Dopo tre anni dal suo sophomore “Grim Town” Soak è ritornata con questo nuovo LP, realizzato da Rough Trade Records.
Scritto per la maggior parte durante la pandemia insieme al suo collaboratore di lunga data Tommy McLaughlin e registrato agli Attica Studios di Donegal per la prima volta insieme alla sua band, il disco contiene dieci “canzoni-memorie”, che servono a Bridie per non dimenticare come si sentiva in un determinato momento: i temi toccati nei suoi testi vanno dalla salute mentale all’identità di genere, passando per l’amore e l’amicizia.
Se in passato il suo suono si avvicinava a tonalità più folk e indie-pop, ora Soak, grazie anche all’aiuto fondamentale di McLaughlin, si muove su territori indie-rock provenienti dagli anni ’90, citando lei stessa tra le sue influenze gente come Broken Social Scene e Pavement, oltre che “The Bends”, storico secondo album dei Radiohead datato 1995.
Sin dalla prima traccia, il recente singolo “Purgatory”, è possibile notare questo suo nuovo cammino con tonalità indie-rock, pesanti riff di chitarra, distorsioni e un drumming deciso a supportare la sua voce che comunque ha sempre un qualche elemento sognante.
La successiva “Last July” aumenta addirittura il ritmo e si muove invece su terreni noise-rock con sei corde esplosive e vorticose, mentre “Get Well Soon” preferisce scegliere qualcosa di più leggero, sognante, riflessivo e poppy.
“Baby, You’re Full Of Shit”, invece, ha uno approccio più tranquillo e si basa su armonie e su una strumentazione più elegante e spesso tranquilla.
“Swear Jar”, infine, chiude il disco con malinconia, iniziando con una chitarra poco più che strimpellata, ma crescendo pian piano anche grazie all’aiuto di ottimi arrangiamenti di archi.
Un disco che vede Bridie continuare il suo cammino, deviando in più di un caso le sue sonorità e creando comunque interesse verso ciò che potrà costruire in futuro: la sua carriera ha ancora davanti momenti importanti.
Credit Foto: Sam Hiscox