Ai festival ci si va per tanti motivi. Per avere la possibilità di vedere i propri artisti preferiti insieme dal vivo, per farsi una vacanza alternativa, per vivere l’esperienza dei concerti in maniera un po’ più intensa e amplificata. Ogni festival ha poi il suo fascino, la sua storia, un messaggio che vuole trasmettere; abbiamo visto come il MI AMI di quest’anno sia stato un inno alla bellezza del caos e dell’irrazionalità , ad esempio.
Non che debbano sempre esserci chissà quali grandi significati dietro: un festival può anche solo voler essere un mezzo per far riunire persone e benedirle sotto il segno dell’amore per la musica.
E poi c’è l’Apolide. Un mondo a parte, più o meno letteralmente.
Chi segue la scena dei festival piemontesi probabilmente l’avrà già sentito; si svolge infatti nella suggestiva area naturalistica di Pianezze, vicino Vialfrè (in provincia di Torino). Si tratta di un parco capace di offrire molto più che due palchi dedicati a esibizioni musicali e cabarettistiche: lontani da tutto e tutti e totalmente immersi nella natura, i partecipanti (di cui molti impavidi campeggiatori, tra l’altro) hanno avuto la possibilità di viversi per quattro giorni un mondo fatto di sola musica, natura, relax e giochi all’aperto. Ma veniamo al dunque: i concerti.
Dopo una sessione di riscaldamento con l’elettronica trippy di Hoy La, è Epoque ad aprire le danze del primo giorno di festival: di un’energia unica, l’artista ha infatti offerto uno spettacolo degno di tal nome, facendo muovere dall’inizio alla fine ogni spettatore ““ anche se, diciamocelo tranquillamente: non esiste pubblico che riesca davvero a rendere testa a questa regina.
Passando ai Subsonica, vogliamo dedicare una parentesi all’importanza politica che a volte solo la musica riesce davvero a incarnare: a 20 anni da “Amorematico”, infatti, abbiamo avuto l’onore di assistere prima a una commovente riflessione sui fatti di cronaca nera del G8 di Genova, seguita da un’esibizione magistrale di “Sole silenzioso”. Ancora una volta i Subsonica ci hanno ricordato la quanto la musica non possa nè debba essere ridotta a semplice mezzo di intrattenimento. Pezzi come “Sole silenzioso” sono nate con l’obiettivo di ricordarsi che è un nostro diritto e dovere resistere e combattere per difendere i nostri valori, proteggere noi stessi e le future generazioni. Basterebbe anche solo un po’ più di consapevolezza in ogni nostro gesto, per garantirci un futuro migliore.
Protagonisti della seconda serata di festival sono i Queen of Saba e Cosmo, all’insegna dell’elettropop italiano fatto come si deve.
I primi sono praticamente il vostro nuovo duo veneto preferito: animi ribelli, portano sul palco quella sana irruenza che ci mancava decisamente vedere da un artista italiano. Sanno combinare alla perfezione basi orecchiabili con tanta ironia, voglia di parlare apertamente di desiderio e sesso (senza mai però cadere nel volgare), tanta disco e un’energia mostruosa dal vivo – che difficilmente possiamo rivedere in una band tanto giovane, che finora vanta un solo album, “Fatamorgana”.
Un’energia che abbiamo ritrovato anche in Cosmo, nonostante non fosse il migliore dei suoi live – non che fosse colpa dell’artista, anzi. Il ripetersi di problemi tecnici durante la sua esibizione, però, ha sicuramente causato un bel danno a uno spettacolo che avrebbe potuto rendere mille, duemila volte meglio. Anche perchè, come se non bastasse, i problemi sopracitati capitavano proprio in quelli che sarebbero dovuto essere i momenti più alti del concerto. Un esempio? L’audio che smette di funzionare in alcuni attimi durante “Fuori”, brano in cui anche solo un secondo di audio mancante può spezzare tutta la magia che solo la versione normale del pezzo sa regalare. Sarà per la prossima? Ce lo auguriamo, perchè abbiamo avuto modo di vedere che Cosmo live ha davvero tanto, tanto potenziale.
Ed eccoci alla terza giornata: dopo una magnifica Emma Nolde e un’eterea LFNK, è ora del messaggero degli dei dell’amore, di uno degli animi più teneri e romantici di cui il panorama musicale italiano può vantarsi al momento. Venerus e la sua band sanno trasportare in un’altra dimensione, nella quale non esiste distinzione tra uomo e altre creature viventi; coesistiamo tutti in una realtà altra guidata dall’energia dell’amore, in perfetta simbiosi con la natura. In breve, assistere a un suo live è un po’ come intravedere il giardino dell’Eden e farcisi una passeggiata. Sublime.
Punta di diamante dell’ultima giornata di festival è invece Meskerem Mees, cantautrice belga dalla voce delicata e una scrittura semplice che mette al centro le emozioni nel modo più dolce e onesto possibile. Si apre al pubblico quasi con timidezza, aprendosi e dandoci il suo cuore, e noi non possiamo che ricambiare: ascoltandola non puoi fare a meno di rimanere cullato dalla sua voce ed esporle anche le parti più profondi del tuo animo.
Il festival si chiude con tanta commozione, quando tocca ai Calibro 35. Già ascoltare “Scacco al Maestro – Volume 1”, omaggio all’immortale Ennio Morricone, fa un certo effetto. Nulla però ci ha preparati adeguatamente al sentirlo live: pelle d’oca in continuazione, i cuori che battevano all’impazzata nell’assistere a un concerto tanto potente quanto teatrale. Complici l’allargamento del numero dei musicisti presenti (a cui si sono aggiunti personaggi come Paolo Raineri) e l’ambientazione suggestiva, non c’è che dire. Uno degli omaggi meglio riusciti degli ultimi anni, e noi non possiamo non dirci immensamente onorati di avervi assistito.