Con le nove tracce di “Medley Attack!!!” dovrebbe concludersi la lunga carriera di Scott Kannberg, conosciuto anche col nome d’arte Spiral Stairs. Uso il condizionale perchè il chitarrista californiano, almeno fino al febbraio dell’anno prossimo, continuerà a essere molto più che attivo, impegnato com’è con il pluri-posticipato tour mondiale dei redivivi Pavement.
Vedremo poi cosa effettivamente riserverà il futuro al cinquantacinquenne di Stockton, pronto a porre fine alla sua avventura solista con un album nato tra mille difficoltà (a primeggiare, naturalmente, la pandemia) e segnato dal dolore devastante per la prematura scomparsa di Matt Harris, bassista e amico di lunga data.
Un disco purtroppo non particolarmente brillante ma assai gradevole, caratterizzato dalla consueta classe lo-fi di uno Spiral Stairs che sa dire la sua anche quando si muove nelle ampiamente esplorate acque dell’indie rock – un genere che viene reinterpretato con gusto fortemente classico ma senza mai cedere a soluzioni banali.
O meglio, quasi mai. Perchè Kannberg, che negli anni ’90 ha scritto e cantato tanti splendidi pezzi per i Pavement (ricordiamo la celebre “Date With Ikea”), sembra aver perso lo smalto del passato. Di brani realmente incisivi in “Medley Attack!!!” non vi è la benchè minima traccia, nonostante la grande varietà di una proposta che spazia dal freschissimo power pop di “Too Late” al jangle pop malinconico di “Pressure Drop (End Of The Hurricane)”.
Le sorprese? Direi pochine e tutte saldamente legate a sonorità vintage. Vale la pena sottolineare la palese influenza dei Rolling Stones in “Mole” e “Petrified” e, detto in maniera assai generica, del post-punk più cupo, riflessivo e a suo modo sperimentale in “Time=Cuz”, “Baron Please -> Medley Attack!!! [blitzkrieg]” e “Dry Country”, dove a tratti si respira un’aria “affumicata” da quelle che oserei definire reminiscenze country western in chiave psichedelica.
Come facilmente intuibile Spiral Stairs dà ampissimo risalto alla chitarra (gli assoli abbondano) e, ogni volta che ne ha la possibilità , arricchisce il suo sound con l’organo e una sezione di fiati al completo. Aggiunte azzeccate e di non poco conto per un album che, non fosse stato per canzoni ben scritte e arrangiate come la conclusiva “Slipped Away”, rischiava seriamente la totale insipidezza.
Credit Foto: Mauricio Manzanilla