A tre anni esatti di distanza dal suo terzo LP, “Emily Alone”, Florist ha realizzato questo suo omonimo nuovo lavoro sulla lunga distanza, sempre per Double Double Whammy, che viene definito come “il culmine di un viaggio decennale di amicizia e collaborazione”.
La musicista di stanza nelle Catskilll Mountains, dopo la morte della madre, si era trasferita in California, dove aveva scritto il suo lavoro precedente, ma nel giugno 2019 è ritornata nello stato di New York e ha affittato una casa nella Hudson Valley insieme ai suoi tre compagni di band per lavorare e vivere insieme: era la prima volta che Emily Sprague e soci avevano l’occasione di registrare in questa maniera, visto che in passato si trovavano solamente per qualche giorno. Proprio per questo la statunitense è riuscita a sviluppare maggiormente gli arrangiamenti e allo stesso tempo ha creato parti strumentali, utilizzando anche registrazioni prese direttamente dalla natura quali canti di uccelli e pioggia.
Questo percorso, lungo quasi un’ora, si apre con la prima delle nove tracce strumentali, “June 9th Nighttime”: tra synth, chitarra e voci della natura, l’atmosfera dai toni ambient diventa immediatamente rilassata.
La seguente “Red Bird Pt. 2 (Morning)” è una piccola perla: la voce meditativa di Emily è accompagnata dalla chitarra e da altri elementi sia acustici che elettronici che aggiungono una sensazione poetica folk assolutamente incredibile e intima.
Preziosa “Organ’s Drone”, che vede l’utilizzo di synth e di una sei corde acustica, su cui i vocals della Sprague possono appoggiarsi con estrema delicatezza, lasciando poi entrare anche le voci dei compagni che regalano meravigliosi momenti armonici.
Impossibile non citare la bellissima “43” che, dalla sua dolcezza ed emotività , nel corso dei suoi oltre sei minuti, riesce a passare anche a momenti elettrici con ripetuti assoli di chitarra accompagnati da un drumming inaspettatamente incisivo.
Ancora più lunga (quasi sette minuti) “Sci-Fi Silence” sa abbinare synth lontani con piano e sei corde acustica, mentre i vocals della musicista dello stato di New York rimangono scarni e incredibilmente atmosferici: il risultato è qualcosa di semplicemente fantastico che rimane nel cuore sin dal primo ascolto.
Interessanti anche le tre previ parti strumentali di “Bells”, in cui la Sprague e compagni cercano di sperimentare andando ancora a nuotare verso qualcosa di ambient e di ultraterreno.
“Joannie On The Porch”, un’altra traccia strumentale, chiude poi il disco utilizzando synth e sax e regalandoci l’ultima magia di questa oretta.
Ammettiamo che non tutto l’album è di facile presa, anzi servono alcuni ascolti prima di farsi conquistare, ma il risultato è davvero ottimo e dimostra l’evoluzione di Emily nel corso degli anni. Ora la statunitense è riuscita a fare qualcosa che non aveva mai fatto in passato, ovvero un album collaborativo insieme ai suoi amici e compagni di band e il risultato finale è estremamente valido e interessante grazie anche a quella sua voglia di testare percorsi sonori che non aveva mai battuto: dall’altra parte, invece, quella sua anima folk intima e dolce rimane sempre e riesce a emanare ancora una volta un grande calore umano.
Photo Credit: V Haddad