Dopo una delle estati più calde ed insopportabili, ci mancava pure l’uscita del loro ultimo album.
Sono passati 4 anni dall’orribile ed osceno “Simulation Theory” che li ha visti girare per gli stadi di tutto il mondo muniti di corpo di ballo apocalittico e robot gigante sullo sfondo. In questi ultimi 4 e bruttissimi anni, anche i Muse si sono ritrovati a fare i conti con una pandemia mondiale, con guerre, cambiamenti politici e con l’azzerarsi di tutte le certezze fino a quel momento esistenti e ben salde.
Non è un segreto che se non si parla di annientamento dell’umanità e di futuro apocalittico in cui anche il tostapane ti comanda i 3 ragazzi inglesi non sono per niente felici. “Will Of The People” è un album che a primo acchito potrebbe anche piacere, ma solo se si ascoltano i singoli usciti in anteprima (tolta l’orrenda “Compliance”). Se uno vuole buttarsi dentro all’ultima fatica ed ascoltarla per intero, bhe cari amici, sono sicuro avrete meglio da fare.
Un po’ come per tutti gli altri lavori, ad eccezione per “Drones“, l’inventiva del gruppo si è oramai dissolta nell’etere: se da una parte l’anima rock con quel pizzico di elettronica persiste, dall’altra oramai è assolutamente presente quella più pop e decisamente noiosa che sembra proprio non volerli lasciare in pace.
Proprio con “Compliance” vediamo questa dualità che sposta l’asticella sempre di più verso il secondo lato della band: un prodotto finale che non dice niente ma che strizza l’occhio ai lavori precedenti e, in parte, al lavoro generale di adesso. Siamo rimasti un po’ tutti sorpresi della deriva quasi metal del primo singolo “Won’t Stand Down”, che riportava alle origini Bellamy & Co. ovvero con quel sound fatto di chitarre, synth, tastiere, basso e cazzutissima batteria. La stessa cosa si potrebbe dire per “Kill Or Be Killed”, già un pochino più dura ma comunque in linea con il vecchio repertorio musicale.
Con “Will Of The People”, la title-track dell’album, i toni catastrofici e di conseguente incitamento delle masse si fanno risentire a pieno. Questa non è una novità dell’ultimo, sappiamo benissimo come gran parte delle canzoni dei Muse abbiano proprio questo tema al centro. Per il resto, se dobbiamo proprio trovare un resto, robe buttate lì perchè c’erano già : “Liberation”, “Ghosts (How Can I Move On)”, “You Make Me Feel Like It’s Halloween” (wtf?) sono le prime delle ballad e l’ultima un’accozzaglia di suoni senza capo ne coda, con una monotonia nel testo e nella strumentazione da far piangere un po’ tutti.
C’è anche da dire, ad onor del vero, che pezzi dignitosi sono presenti: “Verona”, per quanto anonima all’interno del generale niente, è un pezzo che rispecchia molto gli anni di “Origin Of Symmetry” ovvero una bella base di synth che continua ininterrotta per tutta la durata ad accompagnare la voce “cherubina” di Bellamy. “Euphoria” è il pezzo bomba che non può mai mancare: oramai deve essere presente in ogni disco che si fa quel singolo che viene creato proprio da stadio, ma che nella sostanza è uguale a tutti gli altri singoloni presenti nei lavori in studio passati.
Il disco termina, per fortuna, con “We Are Fucking Fucked” ovvero l’epilogo di tutta questa narrazione politica, futuristica ed apocalittica dell’umanità . Proprio come si dice nel titolo, il senso è quello di comunicare agli ascoltatori che siamo tutti fottutamente fottuti e che non c’è scampo per quello che succederà nel prossimo futuro. Sicuramente una cosa è certa: non solo l’umanità è fregata, ma decisamente anche loro.
disclaimer: se provate a prendere l’album in versione NFT vi vengo a prendere sotto casa.
Credit Foto: Patrick McPheron