Una carriera frenetica, costellata di successi e soddisfazioni e poi, di improvviso, un silenzio lungo otto anni. William Orbit non dava segni tangibili di vita creativa dal lontano 2014. Di lì in poi, solo qualche sporadica collaborazione e una manciata di esibizioni dal vivo. Prima di mollare la presa e farsi inghiottire dal vortice della droga.
Per troppo tempo il produttore britannico ““ il genio dietro alcuni dei migliori lavori pubblicati negli anni ’90 da Blur, Madonna e All Saints – è rimasto ostaggio della cocaina e dei vizi della vita losangelina. Oggi però sembra essere tornato in splendida forma con un nuovo album non particolarmente ispirato ma ben strutturato, arrangiato e registrato. Perchè i tredici brani di “The Painter” sono in primis ““ o quasi esclusivamente? – un vero e proprio piacere per le orecchie.
Fitte trame di suoni digitali danno forma ad atmosfere suggestive e avvolgenti, in un continuo rincorrersi di richiami ad ambient, trip hop, downtempo, worldbeat e persino musica classica, una vecchia passione del nostro.
Orbit tratta ogni singolo brano come fosse la tela di un pittore. Le note sono i colori di una opera d’arte ricca di dettagli ma dalle sfumature tenui. Anzi, forse sarebbe meglio dire troppo tenui. I toni leggeri ed eterei infondono alla musica di “The Painter” un enorme senso di serenità . I pezzi strumentali sono così incantevoli da indurre l’ascoltatore in un piacevole stato di ipnosi.
Un’esperienza immersiva ma incapace di catturare l’attenzione. L’album, quasi fosse un gradevole sottofondo per una serata all’insegna del relax, scorre via dolcemente ma non regala emozioni forti. Lo stile unico di William Orbit c’è ed è ancora riconoscibilissimo; ma l’energia della dance e della trance anni ’90 sembra svanita, sostituita da ritmi sparsi e sospesi, melodie morbide come il burro e da un mare di monotonia.
Le voci di Katie Melua, Georgia, Beth Orton, Lido Pimienta e Natalie Walker non sono sufficienti a risollevare le sorti di un disco tanto noioso e soporifero. Restano però fuori discussione la classe e il gusto dell’autore che, nonostante la prova di certo non indimenticabile, riesce a tirare fuori dal cilindro un ottimo brano etnico/elettronico intitolato “Heshima Kwa Hukwe”.
Chiudiamo la recensione facendo un po’ di chiarezza, ovvero ponendola in termini strettamente “madonnari”. Se amate le cose tranquille alla “Substitute For Love”, qui potreste trovare pane per i vostri denti – ma in maniera assoluta non a quei livelli di qualità ! Nel caso invece preferiate le botte d’adrenalina alla “Ray Of Light” (mi riferisco alla singola canzone, non all’album) risparmiatevi pure l’ascolto di questo “The Painter”.
Credit Foto: RANKIN