Quando nel 1981 era uscito “Speak and Spell” lo avevo liquidato velocemente, d’altronde era l’anno degli Echo and The Bunnymen, dei Cure e della combo “Seventeen seconds” -“Faith” e tanto altro da comprare, mentre le scarse finanze da adolescenti costringevano al solito “questo lo compro io e te lo registro, questo lo compri tu e te lo registro” e a me il più delle volte toccavano gli Echo and The Bunnymen che nessuno voleva comprare, almeno fino a quel momento, mentre io adoravo già incondizionatamente.
“Speak and Spell” era così finito tra gli album che facevi comprare da qualcun’ altro, il periodo elettronico era iniziato per me nel 1979 con “Reproduction” degli Human League, piccolo capolavoro d’esordio prima della loro sbornia mainstream e nel 1981 avevo preferito l’esordio dei fuoriusciti Heaven 17 con “Penthouse and Pavement”, il successo di “Just Can’t Get Enough” aveva fatto il resto, i Depeche Mode erano troppo pop, l’album non mi aveva colpito particolarmente ed erano usciti dal mio radar.
In fondo all’epoca non esisteva praticamente nulla ad eccezione delle riviste musicali dove andare a ricercare nuove band, nessun canale musicale, Videomusic arriverà solo alcuni anni dopo, era però arrivata inaspettatamente l’isola delle meraviglie chiamata ‘Mr. Fantasy’ di Carlo Massarini che, in seconda serata, aveva aperto uno spazio innovativo e coraggioso, con scelte musicali che prendevano a pieni mani dalla new wave del periodo.
Appuntamento imperdibile e pieno di grandi spunti, passava un po’ di tutto dai Visage agli Ultravox (parenti prossimi ma all’epoca chi lo sapeva), i New Order, i Soft Cell e praticamente il meglio della musica inglese e non di quegli anni, alcuni ma non tutti, magari sconosciuti o esordienti.
Ricordo che una sera Carlo passò gli sconosciuti, fino a quel momento, Culture Club con “Do You Really Want to Hurt Me” , il brano e il video erano fulminanti, così il giorno dopo mi precipitai a comprare l’album che fortunatamente non era stato ancora pubblicato e che si rivelerà qualche tempo dopo, quando potei finalmente ascoltarlo, decisamente deludente, acquistai però in quell’occasione una specie di EP che aveva varie interessanti versioni diverse della loro canzone.
La stessa cosa è successa con “Leave in Silence”, fu trasmesso da Mr. Fantasy e appena possibile mi precipitai ad ascoltare l’album, il brano mi aveva colpito e mi sembrava una direzione diversa da “Speak and Spell”, mi convinse anche l’ascolto dell’album e lo comprai con entusiasmo.
Il suono era fresco ma a tratti più oscuro, divertente e più intenso rispetto al loro precedente, i Depeche Mode erano rientrati tra i miei interessi tanto da spingermi a ordinare il successivo “Construction Time Again” a scatola chiusa, ma poi restandone abbastanza deluso.
“A Broken Frame” aveva inoltre una cover art bellissima opera di Martyn Atkins, autore anche della modesta copertina dell’album precedente, qui abbandonava l’algida figura del cigno per una rappresentazione assolutamente affascinante, ci mostra una donna che sta lavorando sui campi in modo energico, sembra quasi volersi sbrigare, perchè l’orizzonte è oscuro e il cielo non promette nulla di buono, forse incombe la notte forse un temporale, non so cosa volesse realmente significare ma nel periodo della guerra fredda e della minaccia nucleare faceva il suo effetto, una delle cover art che amo di più di tutta la mia piccola collezione.
Nel frattempo la stampa inglese coglieva l’occasione per etichettarli come i nuovi Beatles, lo facevano di continuo e lo faranno qualche tempo dopo anche per i Duran Duran, e accoglieva bene il lavoro definendolo più oscuro e complesso del precedente, anche le vendite andarono bene, raggiungendo la top ten inglese, al pari del loro album precedente, praticamente uscito dalla penna di Vince Clarke, la cosa non era ovviamente scontata e il disco sancì che la band aveva un nuovo giovane autore Martin Gore, decisamente all’altezza di Vince.
Ho sempre considerato “A Broken Frame” il loro album d’esordio, e a riascoltarlo oggi ha ancora le caratteristiche dei primi album, interessante e a tratti ingenuo ma che, incredibilmente ancora oggi, riesce a mantenere il suo fascino acerbo e la forza che contraddistingue sempre le prime opere di giovani artisti, che in questo caso diventeranno in futuro miti per molti.
Data di pubblicazione: 27 settembre 1982
Registrato: Blackwing Studios, Londra
Tracce: 10
Lunghezza: 46:40
Etichetta: Mute Records
Produttori: Depeche Mode, Daniel Miller
Track List
1. Leave in Silence
2. My Secret Garden
3. Monument
4. Nothing to Fear
5. See You
6. Satellite
7. The Meaning of Love
8. A Photograph of You
9. Shouldn’t Have Done That
10. The Sun & The Rainfall