Ho recuperato con un bel po’ di ritardo la stagione conclusiva di “Ozark”, lo show di Netflix che è stato salutato da molti come l’unico erede possibile di “Breaking Bad” – se non altro per il tema comune della discesa negli inferi del crimine di personaggi che non provengono da quell’ambiente. Le differenze tra le due serie sono però tante e vistose, ancor più a show conclusi, con quella ambientata nella Red Neck Riviera del Missouri a confermarsi come la più scura e moralmente ambigua delle due.
Almeno nella sua prima parte, la quarta stagione della serie che segue le vicende di Marty Byrde e famiglia, mantiene l’altissimo livello narrativo e registico raggiunto dalla glaciale terza stagione – quella che aveva segnato davvero un punto di svolta per i fatti, con l’immaginario cambio di testimone tra Marty e Wendy nel ruolo di capo famiglia, con quest’ultima incapace di subire gli ordini come il marito e dunque proattiva e cruciale nelle spericolate macchinazioni politiche e criminali, oltre che davvero spietata e amorale.
Qualche problema di script arriva invece in una seconda parte che sembra aver esaurito tutte le pallottole e che persevera, fino all’ultimissima inquadratura, nel ribadire quanto spazio ci sia negli Ozark (e in America) per rettitudine, onestà , bontà e speranza, ossia zero.
Ancor più che la gelida fotografia cinematografica con l’ormai leggendario filtro blu, al solito il punto di forza della serie sono i personaggi, quelli vecchi quanto quelli nuovi. Per una Laura Linney intenta a scatenate tutta la furia di cui è capace Wendy, troviamo un Jason Bateman impegnato ad incarnare la recessione di Marty a mera e consapevole pedina, non solo del cartello, ma anche dell’ambiziosa e crudele moglie.
La più brava, il che in mezzo a cotanti mostri è tutto dire, è però sempre la Garner, al solito nei panni e nell’accento red neck di Ruth, qui definitivo simbolo dell’impossibilità di redenzione e salvezza.
Molto buone anche tutte le nuove aggiunte, dall’infaticabile PI Mel Sattem al viscido padre di Wendy, che riescono a tenere testa a fenomenali comprimari quali Jim con le sue meravigliose giacche e l’infallibile sicario Nelson.