Eccolo, eccolo!! Lo sapevo che prima o poi sarebbe arrivato quel disco “quasi dal nulla” che mi avrebbe folgorato. Succede praticamente ogni anno e nel 2022 questo premio lo assegno con la più grande emozione ai TOLEDO, duo americano composto da Dan àlvarez de Toledo e Jordan Dunn-Pilz. Dico quasi dal nulla perchè con altri esordienti mi capita di seguire il loro percorso e quindi sono quasi pronto ad apettarmi un bel disco, ma in questo caso mi sono imbattuto nei TOLEDO davvero per caso e ora sono qui che non posso più fare a meno di questo delizioso “How It Ends”.
Prodotto anche con l’aiuto di Melina Duterte (Jay Som, e questo è sicuramente un gran punto a favore) il disco è l’equivalente di un caldo e necessario abbraccio. Un indie-pop-folk dolce e gentile, capace di essere tanto malinconico e suggestivo quanto leggermente stravagante e piacevolmente pop. Un magico e perfetto equilibrio che si snoda in 12 perle. Ma attenzione, perchè se i brani ci infondono un senso di calore e accoglienza, i testi in realtà sono molto personali e tutt’altro che spensierati: sconfitte, traumi nella crescita e nell’educazione, la necessità di guarire dalle ferite e un percorso introspettivo di crescita e analisi interiore: più emo(tivo) di così non si può e se ogni tanto ci sento dentro qualcosa che mi sembrano gli American Football in versione più folk, beh, mi pare anche normale. In realtà in certi brani sento come un mix di influenze o come se la band giocasse con dei punti di partenza che vengono poi cambiati e mimetizzati in corsa: a volte ecco i Kings Of Convenience che fanno una jam con i Wild Pink, poi ecco il folk del terzo album dei Sundays che simpatizza con i Real Estate mentre la discussione verte sul dream-pop, la scuola Ruby Haunt che fa capolino per “Leopard Skin” ma con quel cambio di ritmo finale che ti lascia senza parole…insomma c’è sempre qualcosa che cambia, che ti sorprende, che ti cattura quando pensi di aver capito tutto.
Canzoni top? Oddio, verrebbe da dire tutte. Io vado fuori di testa per il trittico centrale, capace di creare ritornelli pop di altissima scuola, ovvero “Climber”, “Flake” e “L-Train”, ma come fai a non citare quella chitarra così dolce (eppure così incisiva) in “Soda Can”, la zuccherosa “Hideout”, le schitarrate quasi glam della title track, l’urgenza lo-fi di “Ghosty” e quel finale delicatissimo incarnato da “Fixing Up the Back Room”.
Per il vostro umile scrittore c’è un disco in più che si aggiunge all’elenco degli album dell’anno. Abbracciatemi ancora TOLEDO, vi voglio bene.
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