è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor”, di “Iosonouncane meno male che esisti”, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni”, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.
DEDA, FABRI FIBRA, NEFFA, Universo
E con una squadra del genere, come puoi non portarti a casa il titolo di “canzone più swag del weekend“? Che trio, quello che dà vita al nuovo step del progetto discografico di Deda, pronto a battezzare l’exploit di un brano che racconta la contemporaneità con uno stile incredibile, recuperando quell’idea di comunità pronta a riunirsi attorno ad una manciata di parole giuste, sparate a colpi di sincopi cardiache sul flow di una base da leccarsi i baffi. Insomma, hip hop, sì, ma sul serio.
DUTCH NAZARI, Giocare con me
Mi piace molto il nuovo singolo di Duccio, che in “Giocare con me” recupera tutto l’estro dei primi passi giocando con un testo che mantenendosi sul filo del rasoio mescola romanticismo, ironia e un pizzico di quel cinismo disilluso che da sempre rende speciale lo sguardo sul mondo di Nazari; impossibile non lasciarsi andare al flusso continuo di un brano che non offre appigli ben precisi ma impone all’ascoltatore di mettersi in gioco, liberando l’ascolto e liberando, allo stesso tempo, sè stesso da qualche posa di troppo che, inevitabilmente, finisce col saltare se davvero provi a capire il testo fino in fondo.
NICCOLO’ FABI, Di aratro e di arena
La poesia prende direzioni strane, cavalca immagini inaspettate che rinascono e prendono voce attraverso la linea sottile di una traccia lasciata su un foglio, su un muro, dentro un cellulare; e allora mondi nascosti vengono alla luce rivelando il contorno dell’alba proprio attraverso l’attraversamento della notte: Fabi è una lanterna nella notte e l’arco che scocca la freccia giusta, con una mira precisa e puntuale ad impallinare il mio cuore e quello di chiunque abbia voglia di mostrare il fianco a quella meravigliosa fragilità che è riscoprirsi umani. E, stavolta, anche un po’ tori.
SOLOPERISOCI, Dipendente
Ho conosciuto quest’anno quei ganzi dei Soloperisoci al Premio Bindi, con tutto il loro carico di scoppiettante rock’n’roll digerito attraverso la lezione degli Smiths e dei Joy Division, con al centro del cuore il santino di Joe Strummer e nelle dita la voglia di dinamite tipica di chi non morirà di certo pompiere. “Dipendente” è una canzone italiana che di italiano ha poco, e i Soloperisoci sono quella band che potrebbe diventare la vostra preferita.
CAMPI, Bologna sospesa
Che bello slancio fin dal primo step discografico per Andrea, che intelaia con l’abilità dell’artigiano e il gusto dell’artista una ballata malinconica e, allo stesso tempo, piena di una sua specialissima luce che conosce solo chi ha saputo commuoversi, in un pomeriggio come tanti, davanti al riflesso purpureo che sembra sanguinare dai tetti rossi bolognesi all’ora del tramonto. Ecco, io che un frignone romantico lo sono da sempre e che a Bologna ho lasciato occhi e cuore, dentro l’esordio di Andrea Campi vedo quel ritaglio della mia vita, che ha svoltato giusto un attimo fa dietro il profilo della gioventù, e credo non sia capacità di tutti saper evocare in un ascoltatore qualsiasi, come me, questo tipo di vibrazioni sin dal primo ascolto.
EMANUELE PRESTA, I quadri di Margaret
Buone idee musicali e ottima penna per Emanuele, che riesce a tessere una tela niente male e capace di far da rete ad un’interpretazione che forse rimane un po’ troppo “retrò”, ma di certo stiamo parlando di un lavoro ben fatto e con ottima consapevolezza. Non perdersi nel giro delle citazioni e riferimenti di spessore che Presta intelaia è roba da veri avventurieri, ma viaggiare fa sempre bene.
NERVI, Tuttelesere
Mi spacca la testa nel modo giusto, il nuovo singolo di Nervi, capace di mettersi alla prova con un sound diverso, a cavallo tra surf e pop-punk, che riscopre i nervi tesissimi di una generazione che, dopotutto, tutte le sere si fa le stesse domande. Di tutti.
GUZZI, IL CILE, Il grande freddo
Bellissimo testo su armonie già testate per “vincere” quello di Guzzi e Il Cile, riuscito affresco decadente di una contemporaneità che sa ritrovarsi proprio nel giro delle proprie fragilità , ricordando le distanze tra sognare qualcosa di diverso e cercare di renderlo realtà . Buon ritorno, che avrebbe forse potuto ambire ad una produzione anche meno ammiccante di fronte alla potenza poetica della scrittura.
BARRIERA, Cinema Carmen
Mi convince ancor di più del precedente singolo di Barriera, “Cinema Carmen”: c’è un bel movimento che prende il basso ventre e sale verso la testa dopo aver ispezionato a lungo, uno per uno, tutti gli organi intermedi, mettendoli in moto a passo di cassa in quattro ed elettronica funzionale a far divertire tutti. Proprio come i cinema di una volta.
IL MAESTRALE, La cosa più naturale
Afrobeat che incontra un certo gusto tipicamente mediterraneo in linea con le destinazioni di ricerca della band, che da qualche tempo a questa parte è riuscita a scavarsi un posticino d’onore proprio al centro del mio petto. Un buonissimo lavoro, anche questa volta, che trasfigura la dichiarazione d’amore in un focosissimo canto di battaglia attraverso clavi incessanti e una vocalità che aiuta il brano ad involarsi verso altezze impensate.
GIOVANNI PAURA, Cleopatra
Due brani fuori e una voglia di ballare che scorre dalla punta dei capelli fino a detonarsi sul pavimento sudato del dancefloor: ingredienti semplici, per Giovanni Paura, che mescola vecchia e nuova scuola con una vocalità piuttosto “semplice” che aiuta le membra a muoversi senza aggrapparsi troppo al significato di un testo che risulta funzionale allo scopo.
IDWI, Calmo
Esplode per bene, fin da subito, il nuovo singolo di IDWI, che in “Calmo” proietta i problemi di coppia di chiunque si sia trovato, nella vita, a fare tira e molla senza fine: il ritornello è una manciata di polvere da sparo che viene gettata in un falò che brucia di per sè già discretamente.
MISTERFOL, Lacrime amare
Pop vecchia scuola, per Misterfol, che incontra delle buone sonorità urban nella resa di un brano che mescola cantautorato e hip hop con il piglio mainstream di chi sa come scrivere un ritornello. Insomma, un buon brano che si infila di tutto diritto fra le cose godibili ascoltate questo weekend.
ERASMO, Mai Mai
Non è proprio il mio mondo, quello di Erasmo. Ma riconosco che il lavoro che c’è dietro alla produzione del brano sia di qualità : il brano “suona”, esplode per bene combinando hip hop e mainstream nella resa finale di una canzone che si lascia ascoltare.
THE DAILY RATION, Looking around
Che botta di adrenalina, quella che si innesta sottopelle sin dal primo ascolto dei The Daily Ration: guardandosi intorno, in effetti, non si riesce a trovare modo migliore per far prendere fuoco al weekend, se non attraverso una giusta miscela di post-rock, progressive e sonorità che richiamano a mondi sospesi tra Novanta e Duemila.
TIAMO, Poesia
C’è qualcosa di old school nella scrittura di Tiamo, che inevitabilmente finisce con il ricordare cose che fanno piacere alla memoria. Certo, il timbro di Lucia aiuta il tutto a prendere la dimensione pop giusta mescolandosi ad una buona elettronica che, per saturazione, crea intorno alla voce un vestito di spine e rose. Lei finisce però col non pungersi, pungendo piuttosto l’ascoltatore.
DENOISE, RARES, Io tu Noi Settembre
Credo di aver ormai speso fin troppe parole, lacrime e suppurazioni varie (provenienti da ogni angolo del corpo e dell’anima) per dirvi che i Denoise sono forse l’unico progetto che, negli ultimi anni, ha saputo alimentare a colpi di gusto l’amore che provo per loro estendendolo ben oltre i confini che credevo potesse avere il sentimento; se poi, a “‘sto giro, alla band veneta si aggiunge l’estro di quel matto di Rares, beh, il successo emotivo è assicurato. L’ultimo brano dei Denoise è una ballad per cuori infranti (ma anche no) che non smettono di volersi cercare: se non piangi, hai un bidone della spazzatura al posto del cuore.
BEATRICE PUCCI, Nero
Beatrice è, a mani basse, la cantautrice più interessante di una scena che ancora non si è del tutto accorta di lei; e forse, alla cantautrice laziale potrebbe anche andare bene così. Guidare a fari spenti nella notte, come direbbe Battisti, sembra essere una delle “modalità esperienziali” predilette dalla Pucci, che in “Nero” delimita i contorni della luce che la attraversa mediante un vero e proprio “elogio delle tenebre”: la maturità e la consapevolezza poetica intrinseca al pensiero incontra l’estetica riuscita di una ballad che non assomiglia a niente, perchè autenticamente personale.
SEB, Chissà
Pezzo godibile quello di Seb, che mostra di certo di avere gli strumenti vocali opportuni per crescere – e farlo bene. Il brano è una ballad in pieno stile it-pop che si avvale di buoni spunti di scrittura, in una forma che forse merita di essere scassinata, per dare piena espressione alla potenzialità timbrica dell’artista.
SUN DOJO, Zucchero in testa
Il brano parte ai mille allora, con una scelta di scrittura davvero super e un bel drop provocatorio che porta l’ascolto verso altri lidi rispetto a quelli che ti aspetti. Nel complesso il brano risulta interessante, anche se forse un po’ “saturato” di idee che finiscono col creare un mega trip post-adolescenziale”… con la conseguente “confusione” pregna di possibilità che alberga in ogni animo adolescente.
GRIGIO SCARLATTO, Kiss Kiss
Piglio da pop star anni Ottanta per i Grigio Scarlatto, che creano un perfetto trampolino di lancio mescolando dance e brit rock nella hit “Kiss Kiss”, nuovo singolo fresco fresco d’uscita: se nelle discoteche italiane cominciassimo (o meglio, tornassimo) a ballare su musica come questa, giuro, andrei tutte le sere a letto alle sei del mattino. No, non è vero, sono già troppo vecchio: me lo ascolto a casa, e ballo da solo lo stesso.
COMA_COSE, Chiamami
Un buon ritorno per il duo cantautorap (oh mamma mia, mi inquieto da solo per la scelta del lemma), che non mi fa impazzire (sarà per la produzione un po’ sottotono, almeno secondo il mio parare di distruttore? Sarà per la scrittura melodica che mi sembra un po’ seduta, senza i picchi emotivi ai quali ci hanno abituati Fausto e California?) Ma ci rivela una cosa, importantissima: i Coma_Cose esistono ancora e non possiamo che gioirne. Dubbi, non ne avevo: ma ci sono quegli artisti che ti fanno sentire “al sicuro”, quando pubblicano.
ZOIS, Operaia Casalinga Contadina
Ah, che bel progetto hanno messo su gli Zois, che per gentile concessione del figlio del celebre paroliere di Dalla riescono a mettere le mani sul quaderno di Roberto Roversi, traendone fuori una salto in un passato che non è mai stato così presente: gli Zois, da parte loro, ci mettono una buona dose di potenza catartica, di quelle catarsi che avvengono solo attraverso la dinamite – e la detonazione collettiva.
PROVINCIALE, Freedrink
Piglio da rockstar innamorate, un po’ malinconiche e ben decise a far innamorare di loro pubblico e adoratori/adoratrici affezionati e di passaggio, voci giuste per raccontare un disagio generazionale che prende corpo e volo attraverso la forza detonatrice di chitarre sanguinanti, e di ritmiche ben decise a far alzare il BPM del cuore.
PIER, Ciabatte
Bello anche l’esordio di Pier, che in “Ciabatte” tira fuori un buon intimismo che si sposa con efficacia all’atmosfera musicale delicata, quasi impressionista, che l’artista disegna attorno ad un testo che vive di immagini buone, tanto “collettive” da poter essere condivisibili con estrema facilità ; anche il timbro si fa notare, sotto il segno di una raggiunta consapevolezza che sembra precedere il momento di questo debutto.
VOODOO KID, Guardare giù
Impianto chill-ambient per il nuovo singolo di Voodoo Kid, che si cuce addosso un brano sospeso tra atmosfere urban e una certa scrittura che non riesce a celare (e ci mancasse!) un afflato efficacemente R&B: una canzone che parla di “piccole morti”, e lo fa con la voglia di lanciarsi nell’amplesso riuscito di un brano che avvolge e sveste.
CINUS, Come una carota
Ma che esordio scoppiettante, e pieno di colore, quello di Ginevra, che esordisce con un brano capace di far salire le aspettative per il seguito: piglio poetico da “leva cantautorale degli anni ’00” (per citare una celebre ricerca sulla nuova scena condotta qualche anno fa dal Club Tenco), timbro impossibile da definire riferendolo a qualcosa di “altro” da Cinus, penna capace di tagliare e cucire senza troppi fronzoli, con autenticità . “Come una carota” è solo il primo passo di un progetto che vedremo crescere, se avrà voglia di farlo: un inno alla leggerezza, che non è superficialità , e alla necessità di muoversi in punta di piedi sulle nuvole, che basta un passo più pesante per cader giù!
COMANECI, TIM RUTILI, Loss of gravity
Mamma mia, che roba! Atmosfere incredibili disegnate a trame giuste di clavi ritmiche che ad un certo punto spingono quasi all’orgiastico, lasciando liberare nell’aria una detonazione dionisiaca di ogni forma di controllo razionale: una perdita di gravità che parte dall’autocoscienza di sè, nell’annullamento del presente che deriva dalla contemplazione di qualcosa di più ancestrale, antico. Il feat, poi, è di assoluto spessore.
SHADOUONE, Glitter
Torna la mascherata ormai più conosciuta del mio bollettino per un brano che continua, come gli altri, a tagliare con rabbia ed eleganza: Shadouone resta nascosta solo per quanto riguarda i connotati, perchè per il resto la trapper sta sempre più mettendosi a nudo (e senza alcuna paura) con una sequela di brani che, negli ultimi mesi, hanno infiammato il suo catalogo. Non fa eccezione “Glitter”, il nuovo inno del vostro club.
DILY, La Folie
Oh, ma sapete che il nuovo singolo di Dily non mi dispiace affatto? Certo, non è proprio il mio mondo di riferimento, ma è impossibile non ammettere che la ragazza ha talento eccome: timbro perfetto per far muovere anche il più pigro di noi sotto le luci stroboscopiche di un progetto che pare dotato della giusta “luminosità “. Bella anche la produzione, che aiuta il tutto a diventare ancora più godereccio.
DODY, A new life
Si sposta il baricentro sull’internazionale, con il nuovo singolo di Dody che, riprendendo il piglio blues e new soul che sta riemergendo con prepotenza sul mercato d’oltreoceano, mette in cascina un brano ben pensato e ben prodotto: tutto suona come deve, in modo non derivativo quanto piuttosto consapevole di quali siano le radici della proposta. Un ottimo esordio, che fa godere il giusto.
STEIN, The Mess Behind
Un groove incredibile, creato con poche cose – tutte maledettamente giuste – pronte a creare fra loro relazioni complesse pur partendo dalla semplicità dell’idea d fondo: raccontare un’intimità collettiva, fatta di passi incerti e anche un po’ scanzonato che diventano l’unico modo utile ad attraversare la complessità del presente. Il crescendo del brano si corona attraverso una serie di progressive esplosioni capaci di far saltare le cervella (nel senso positivo del termine, ovviamente!) anche al più distaccato degli ascoltatori. Livello altissimo.
HERTZEN, Hope
Mi manca un po’ la terra sotto i piedi sulla strofa del nuovo singolo degli Hertzen, e mi viene da dire che dunque l’esperienza “acustica” ricercata dal gruppo sia riuscita eccome: il groove ritmico che guida l’evolversi sempre sincopato, sempre (solo apparentemente) irregolare dell’arrangiamento restituisce le pulsazioni emotive efficaci alla resa del significato, intensificate da una chitarra elettrica che piange letteralmente. Unico neo, forse, il missaggio a mio gusto non del tutto efficace a valorizzare la complessità del tutto.
TALES OF SOUND, Superstar
Aiuto. Pezzo preferito dell’autunno. A mani basse, risparmiandomi due mesi di speculazioni. Sono impazzito raga, mi è salita una cazzima irrefrenabile che mi ha portato a ponderare seriamente l’idea di aprire il primo (almeno, da quanto mi risulta) fan club di “‘sti matti: se poi mi fermo a ragionare, e faccio sfumare l’arrosto, mi rendo conto che l’arrosto c’è eccome, ed è un arrosto che sa scrivere e molto bene. Nuovo fan dei Tales Of Sound.
SAIMON FEDELI, Le stanze vuote
Un disco dal sapore cantautorale per Saimon Fedeli, che sfrutta la potenza evocativa di un timbro caldo e graffiante il giusto per mettere in pista una selezione di “pezzi di cuore” che brillano nelle stanze vuote del cantautore: un buon modo per affrontare il gelo della solitudine, e allo stesso tempo costruire nuovi ponti verso il domani. Intanto, Saimon sembra dirci che la nottata stia per finire, basta non smettere di avere fede in nuove albe.
THE CROOKS, I Know
Pop punk fatto con il cuore (ma sopratutto, con i distorsori) quello dei The Crooks, che si avviano sulla strada della release del nuovo disco a colpi di dinamite ed esplosivi: c’è una bella fotta, sana e creativamente “distruttiva” nel nuovo singolo dei ragazzacci, che rotolano lungo le sponde del Tamigi (anche se il sound, più che “chiamare Londra“, sembra guardare ai colleghi d’oltreoceano) e si ritrovano nella carica rock’n’roll di “I Know”. C’è voglia di festa: speriamo di essere invitati.