Tutto. Ovunque. Nello stesso momento.
Chi ha in mente i film basati sul concetto del Multiverso si rifà immediatamente all’universo Marvel, a Spider-Man e Doctor Strange. Se quei film, blockbusters campioni d’incassi ai botteghini, sono stati il punto di partenza per trattare questo nuovo tipo di format, la resa finale però scade nel banale e nel poco approfondito.
V’interessa veramente entrare di più nel Multiverso? Bene, il nuovo film dei Daniels fa per voi.
Non è un lungometraggio d’azione, non è un film drammatico, non è una commedia, non è un musical, non è niente di niente proprio perchè è tutto. Il prodotto finale è qualcosa che non si ferma alla nostra concezione di pellicola, ma vuole veramente farti immergere in altri grandi universi tutti diversi l’uno dall’altro collegati da un piccolo dettaglio, una piccola persona.
La protagonista, Evelyn (Michelle Yeoh), è una madre soffocata dal sistema delle tasse americano. Trapiantata negli Stati Uniti col marito, Waymond (Jonathan Ke Quan), apre una lavanderia a gettoni che ben presto verrà ipotecata dall’Agenzia delle Entrate per poi essere successivamente chiusa e requisita. Hanno una figlia, Joy (Stephanie Hsu), che è una outsider sia dalle convenzioni sociali cinesi che da quelle americane. Lei sta con Becky, personaggio secondario nell’intero sistema narrativo, ma punto cardine per questa figlia che non viene accettata da una madre troppo severa.
Dopo soli pochi minuti, proprio negli uffici dell’Agenzia del fisco, davanti ad una micidiale e bravissima Jamie Lee Curtis, Evelyn si ritrova sotto istruzioni del marito (di un altro universo) catapultata in una nuova realtà . Lei è la persona scelta da Alfa Waymond per salvare tutti gli universi esistenti da una terribile minaccia dal nome Jobu Tupaki.
Non vado nel dettaglio, solo perchè sarebbe spoiler e anche perchè ci servirebbe una seduta di 3 ore solo per parlare di una linea narrativa. Ma proprio da questo capite come il film sia complesso ed intricato, pieno di reference sublimi ed intelligenti (vd. Kar-Wai) o di un’ironia da adulti sottile e non volgare (vd. Ratatouille). Non c’è niente di sbagliato: la recitazione è ai massimi livelli, gli effetti speciali ben calibrati ed inseriti all’interno del contesto, non c’è un briciolo di sbavatura nella complicatissima trama (o trame, come volete).
Il lungometraggio dei Daniels (arrivato in Italia molti mesi dopo l’uscita nelle sale americane) è di certo la pellicola dell’anno. Si presenta come classico film d’azione, un blockbuster cinese fatto di karate e kong-fu, ma non è nulla di tutto ciò. Si va oltre la semplice apparenza che i registi e l’intero cast ci vogliono dare, perchè man mano che si va avanti nella storia si rimane sbalorditi e ci si immedesima sempre di più nei personaggi, nelle loro vicende e nei loro pensieri. Si rivela più forte la metafora di sottofondo che il calcio d’arte marziale, è molto più importante lo sviluppo di Multiverso che i registi vogliono dare che l’effetto speciale di turno. Proprio su questo punto vorrei soffermarmi un secondo: non esistono altri universi in cui il nostro “Io” è fisicamente come noi, ma inserito in un’altra realtà , bensì è il nostro desiderio umano di tutti i giorni che ci porta a sognare o a pensare semplicemente “se fossi diventato un cantante” o altro. Ed è proprio questo il concetto di Multiverso, per nulla scontato e profondo, che i Daniels portano con successo sul grande schermo.
Menzione d’onore: la colonna sonora interamente creata dai Son Lux.