Arrivo alle 21.15 in quel di Parma e mi fa una bella impressione vedere il locale pieno. I Paradise Lost sono in pista ormai da molti anni, eppure l’interesse verso di loro, seppure con alti e bassi, si mantiene vivo e il merito, dobbiamo essere sinceri, è di una produzione recente ancora di ottima qualità e fattura, parliamo ovviamente di “Obsidian”. Il disco sarà il più saccheggiato nella setlist e la scelta è più che condivisibile, non solo perchè questo è il tour promozionale del lavoro stesso, ma proprio per la capacità riassuntiva che questo album ha dimostrato di avere in merito alla loro carriera: una magnifica summa di suoni e stili della band, che dal vivo fa perfetta mostra di sè.
21.45 i nostri salgono sul palco e anche la musica di sottofondo prima di loro, che comprende The Cult, Metallica, AC/CD e Slayer la dice lunga sull’approccio variegato che da sempre ha caratterizzato i PL. Sopratutto i Cult. Anche nel live, a tratti, mi è parso di cogliere echi di Billy Duffy nella chitarra di un Greg Mackintosh decisamente in palla. La formazione viaggia che è un piacere. Nick Holmes è di poche parole, si accerta che tutti stiano bene, classica bestemmia d’ordinanza e poi si concentra sulle canzoni, alternando growl e voce pulita in modo perfetto. Il nuovo batterista veleggia che è un piacere. Quando vedi Aaron Aedy che picchia il pugno, tutto carico, sulla chitarra per dare il ritmo, beh, capisci che la voglia di stare sul palco di questi veterani non è affatto scomparsa.
Il pubblico è partecipe, canta e risponde presente. Sopratutto dimostra di apprezzare tutte le “ere” di una band che non ha alcun problema a piazzare “Eternal”, capolavoro di “Gothic” giusto prima di “One Second”, la canzone dall’album della svolta “depechemodiana”. Questa è la forza dei PL. Risultare sempre credibili anche con simili azzardi di setlist: è qui che i nostri vincono in pieno la loro partita. Il passato non è un peso, no, è un punto di forza e non lo nascondono.
Come dicevo prima sono i pezzi dell’ultimo album “Obsidian” che svettano per resa sonora (bellissima l’idea di usare “Darker Thoughts” come primo bis, con Holmes che, all’inizio del brano, canta da solo sul palco con la base o la stessa “Ghosts”, col suo basso micidiale, che chiude il concerto facendoci urlare “For the ghosts, the ones to break me, for Jesus Christ“!), ma anche le variegate riprese dal passato non deludono, “Enchantment”, ad esempio che apre le danze e fa ancora venire la pelle d’oca, “As I Die” che è davvero un classico e non viene, per fortuna, eseguita con sufficienza, “The Last Time” che ancora giustifica quegli accostamenti ai Metallica, “The Enemy” che dal vivo è una botta micidiale e si dimostra pezzo di grande versatilità con quel piglio epico e quello stacco centrale cadenzato che, live, fa venire in mente i Bolt Thrower. Forse un po’ troppo carica mi è risultata l’esecuzione di “Say Just Word”, con il volume che si è alzato fin troppo per lasciare spazio sonoro anche alla base delle tastiere, ma il piglio con cui è stata eseguita ha spazzato via tutti.
Chiudo con un plauso all’acustica del locale, decisamente buona e sopratutto ai metallari presenti, pochissimi con il cellulare in mano per filmare ossessivamente tutto. Sarà stata anche l’età media alta, ok, ma frequentando anche i concerti più “indie-rock” in cui, pure tra i più “attempati”, vedo parecchi telefoni alzarsi in modo insopportabile, vi posso dire che stasera il pubblico è stato favoloso: si ai pugni chiusi e alle corna, no a sti cazzo di telefoni. Complimenti.