Ehi ciao cari lettori e fan dei Red Hot Chili Peppers. Vi ricordate di me? Ci siamo visti solo ad aprile, quando la band del reparto geriatrico di Venice Beach ha pensato bene di ritornare sulle scene dopo anni con “Unlimited Love“. Il comeback fece molto parlare, soprattutto per il buon vecchio Frusciante di nuovo alla chitarra.
Dopo 6 mesi (si esatto, mesi e non anni) Anthony Kiedis & co. decide che un album brutto come il primo non poteva essere sufficiente. Per questo, dal nulla, viene annunciato “Return Of The Dream Canteen” o, per come lo chiamo io, il testamento dei Red Hot.
Se con il disco precedente da una parte ero a posto con la coscienza nell’ascoltare un lavoro di una durata lunghina (non essendo più noi abituati) ora, invece, voglio solo che finisca. Tutto quello che ho scritto prima vale anche ora: se non ci fossero Flea e Frusciante il tutto sarebbe la solita solfa.
Il problema, però, è che in questo caso siamo stati ingannati: dalla cover del disco, dal primo e unico singolo anticipatore “Tippa My Tongue” l’idea originata era che si fosse tornati (per miracolo) ai tempi di un “Blood Sugar Sex Magic” e quindi di un esperimento, quasi di una sfida con loro stessi nel fare qualcosa di già sentito ma con quel pizzico di psichedelia che caratterizza infatti il singolo. Solo che dalla seconda traccia il tutto viene ad annullarsi per avere una copia, molto lunga e molto noiosa, del precedente LP se non anche di quelli prima.
Quello che si verifica è un hint nuovo e dinamico, ma adagiato su una storia oramai finita da anni. Non c’è un semplice briciolo di originalità neanche nei riff funky di basso e chitarra; ci prova poco anche il frontman a fare quello che sapeva fare meglio, mischiare testi cantati e rappati insieme ad una base convincente.
Se avete mai pensato di risentire i vecchi Red Hot Chili Peppers nei loro nuovi lavori, beh, mi dispiace avvisarci che non succederà mai più. Sembra che stiano vivendo una seconda giovinezza, il che va molto bene per loro, ma meno a questa nuova giovinezza che con i quattro proprio non ci vuole stare.
Credit Foto: Clara Balzary