Riecco i rampolli di casa Warner che avevamo seguito dagli esordi per poi inesorabilmente segare in occasione del primo album, quel “W.L.” che, di par suo, si era preso agile agile la cima sia della classifica in madre patria Scozia che della UK Chart. E care cose a IFB.
Purtroppo, nemmeno la seconda prova con questo “Burn The Empire” ci farà cambiare idea, anzi: si tratta di un pop-rock studiato a tavolino (e confezionato con altrettanta dovizia di metodo hi-fi) che vorrebbe ammiccare all’indie e invece si prostra alle lusinghe (ed alle logiche) delle orbite FM senza troppi problemi, portando avanti una continua sensazione di dèjà -senti mista ad alcune escursioni verso altri generi (qualche goccia di rap, qualche pennellata elettronica) davvero insapori se non del tutto evitabili. Il tutto sospinto da agganci dei più scontati e uno spessore artistico risibile.
Se l’attacco della title track vale una b-side dei Kasabian, “Rodeo” con l’incedere puerile e i vari “olè!” scade pure nel ridicolo. Non va meglio quando i giri si abbassano e le atmosfere si fanno più dolci con “End of The World”, accompagnata dai violini e dalla voce dell’altra giovane promessa inglese Rachel Chinouriri (guarda caso, anch’essa in orbita Warner), o con l’acustica ed accorata “Yesterday” quasi in chiusura; non convince nemmeno “Pigeons in New York”, che parte arpeggiata ed autunnale per poi deflagrare (?) in un power-pop dei più banali, mentre “Cosmic Electronica” è davvero materiale per adolescenti. Chiude i giochi “Blah Blah Blah”, nomen omen verrebbe da dire: un pezzo che scarterebbero anche gli attuali Panic! At the Disco.
Forse non è più tempo per noi scrittori “attempati”, ma non è sicuramente nemmeno questa della roba per noi: la band scozzese esce dai nostri radar.
Care cose anche a voi, The Snuts.
Credit Foto: Edward Cooke