I Leatherette, da Bologna, sono una band in permanente evoluzione stilistica; il continuo intreccio di chitarre, sax e basso produce suoni sghembi ed affilati, che spingono le loro trame musicali, di matrice post-punk, verso un territorio nuovo, fluido e multiforme, nel quale noise-rock, no-wave ed atmosfere decisamente più riflessive e lisergiche si mescolano tra loro, ampliando i toni cromatici dell’album e permettendo alla componente vocale di scegliere, a seconda dei casi, un diverso sentiero espressivo: più cupo, più aspro, più morbido, più solare, più arrabbiato, più estraniante.
Tutto ciò riporta la band italiana in una dimensione antica, pura ed innocente, nella quale le divagazioni indie-rock erano in grado di mescolare le dolci armonie che commuovevano le nostre anime con tutti quei fantasmi, inquieti e sinistri, che, invece, le infestavano. Il tutto, però, senza mai perdere completamente di vista quello che è il nostro iper-tecnologico e assuefacente presente, comprese le sue ipocrite mistificazioni artificiali e tutte le sue violente e assurde bellicosità .
“Fiesta” ripercorre i decenni passati ed acquista così un alone romantico, assumendo le forme di un’avventura vintage nella quale le chitarre diventano i fuochi d’artificio che illuminano una notte che, altrimenti, sarebbe troppo ostile, troppo cattiva, troppo buia. Una notte assoluta ed opprimente che senza queste trame appassionate e nostalgiche, viscerali e spigolose, elettriche e sognanti, potrebbe, addirittura, farci a pezzi. Ed invece le sonorità squillanti, il tocco adrenalinico di un rock vivido e lunare, l’alternarsi di fasi feroci, commoventi ed amorevoli, ci permettono di trovare il verso positivo in ogni nostra ansia, in ogni nostra nevrosi, in ogni nostro passo falso, facendo sì che possiamo difendere/restare noi stessi, attaccarci alla nostra umanità più cruda, reale e sintomatica ed attraversare i dieci brani che compongono questa festa ritrovata.