Affrontare la recensione di una band o di un artista di cui si è anche “fan” diventa quasi sempre una sfida con se stessi, soprattutto quando la band o artista in questione ha un passato di un certo peso. Un paio di dischi o forse più della band di Bradford sono legati ad alcuni ricordi ed esperienze importanti dei tempi addietro e, dunque, sono entrati di diritto tra i miei ascolti imprescindibili a tutt’oggi.
Nonostante l’ingresso nel circuito mainstream avvenne quasi subito con il manifesto gotico “Love” per poi proseguire con ottimi risultati sul versante delle vendite con l’ottimo “Sonic Temple” – che raggiunse la top ten in USA e nel Regno Unito nel 1988 – i Cult non hanno purtroppo raccolto quanto incredibilmente seminato, diventando inspiegabilmente come una delle band più sottovalutate dello showbiz.
Arrivati a quota undici con questo “Under The Midnight Sun”, i Cult si affacciano nuovamente nel panorama che conta a ben sei anni di distanza dal precedente e robusto “Hidden City”, portandosi dietro la consueta atmosfera stimolante e suggestiva che ha sempre caratterizzato la formazione del West Yorkshire. Anticipato dall’incalzante singolo “Give Me Mercy”, con il sui riff di puro stampo hard rock che racchiudono uno stile oltremodo riconoscibile, il nuovo lavoro di Ian Astbury e Billy Duffy prende le mosse da una sera in Finlandia durante il festival di Provinssirock dove “sotto il sole di mezzanotte” si accese la scintilla per la creazione delle note poi trasfuse nelle otto tracce di questo “Under The Midnight Sun”.
Finalizzato durante il “blocco” e prodotto da Tom Dalgety (Pixies, Ghost, Royal Blood), il record si apre con la conturbante “Mirror”, brano dai contorni dolorosi che conducono alla successiva “A Cut Inside” dove sono impressi accordi rock più “radiofonici” che fanno da contraltare a quelli più taglienti di una riuscitissima “Impermanence”, in lizza per il miglior brano del full-length insieme alla meravigliosa title-track, dalle melodie che ben potrebbero essere utilizzate per una colonna sonora di 007.
L’ascolto dell’album viene fuori alla distanza e una volta assimilato difficilmente risulterà sfuggente, con la magnetica voce di Astbury ad accompagnare l’ispirate sei corde di Duffy che insieme confezionano episodi epici come la stupenda ballata semiacustica “Knife Through Butterfly Heart” o come l’ammaliante “Outer Heaven” e l’oscura “Vendetta X”, dove trovano spazio anche pillole di elettronica.
Avvolti da un alone che si colloca a metà strada tra il marchio di fabbrica gothic e un rock cupo e nostalgico, “Under The Midnight Sun” dimostra come i Cult siano una band lontana dall’essere sull’orlo del decadimento e di cui abbiamo ancora bisogno.
Photo credit: Tim Cadiente