Passa anche dal forum di Assago il tour degli Alt-j, per altro già a spasso la scorsa estate, ma ritornati nuovamente in pista proprio all’inizio di novembre per l’ennesimo tour europeo, fitto di appuntamenti che tocca appunto anche l’Italia per un’unica data, dicevo ancora insieme per promuovere l’ultimo lavoro in studio “The Dream” uscito lo scorso febbraio, il quarto della saga e contemporaneamente festeggiare il debutto da cui è passato già un lustro.
Era proprio il 2012 quando la formazione di Leeds si faceva notare con “An Awesome Wave”, il classico plebiscito di critica e conseguente macchia d’olio di consensi tra il cosiddetto pubblico attento, subito dopo a suggellare un fortunatissimo inizio anche il prestigioso Mercury Prize, insomma chiedere di più era impossibile.
Va sottolineato, che probabilmente, le vette aurorali di quel disco non sono mai state più replicate, sebbene il crescente consenso li abbia portati da una primissimo passaggio da noi, se non erro, dal Tunnel di Milano proprio per il promozionale del 2012 ai palazzetti negli anni successivi, senza per altro avere sostanziali hit radiofoniche o particolari lidi mainstream a supporto.
Nonostante ripeto non abbiano confermato le premesse del loro disco più riuscito, va dato loro il merito di aver elaborato gli insegnamenti di anni di musica, miscelando a dovere elettronica e alt-folk con uno stile assolutamente riconoscibile, marchio di fabbrica, vero asso nella manica e, a mio avviso, prima giustificazione del loro successo.
“The Dream” a dir la verità è un buon disco, sicuramente migliore di “Relaxer” che l’ha preceduto (che ha sfiorato quello che sarebbe stato un generoso Mercury Prize nel 2017), un lavoro più focalizzato tra melodie radioheadiane e un’accessibilità più popular.
Detto questo, al di là di pareri contrastanti sulla discografia, la prova del nove rimane la dimensione live, dove, chi ha avuto modo di vederli, ne ha confermato le capacità espressive.
Il forum è bello pieno, parlando di numeri, non credo si sia registrato il tutto esaurito e ad onor di cronaca, le tribune laterali del secondo anello sono chiuse, c’è una capienza leggermente ridotta, ma direi ininfluente sul colpo d’occhio.
Orari rispettati a dovere, non è annunciato un guest d’apertura, in realtà c’è un dj set, di cui non ne ho proprio capito la necessità , due ragazzi, che per una mezz’ora hanno suonato banali hit indie rock, senza nemmeno un filo logico, così, tanto per, scelta incomprensibile, piuttosto mezz’ora di silenzio e chiacchiere con amici.
Detto questo Alt-j sul palco alle 21,15, setlist, per altro, la medesima per tutto il tour, ampiamente annunciata proprio da loro stessi sui canali social, è il giusto riassunto di questi primi 10 anni di carriera, potrebbe mancare qualcosa proprio dal sopracitato ed apprezzato primo album, ma ad essere democratici, è una scaletta che tocca tutte le caselle del loro fortunato mosaico.
Mi è piaciuto il concerto? Mah, potrei chiudere con un “Ni”, addentrandomi nella spiegazione, dico che trattasi di un set assolutamente professionale quanto impeccabile, dove non c’è una virgola fuori posto, raramente mi è capitato di assistere ad una precisione così, ma il rovescio della medaglia dice che il pathos e le emozioni latitano, diciamo che un piccolo effetto noia mi ha catturato.
Senza nulla togliere sia chiaro, perchè “Matilda” e “Taro” sono sempre bellissime, “Something Good” o “Chicago” lo sono altrettanto, ma in generale tutta la loro produzione ha un suo perchè, e in questi anni di revival, come detto sopra, percepisco negli Alt-j anche una sana originalità , però ecco, tutto bello, ma è mancata quella scintilla che mi avrebbe fatto sorridere.
Suonano circa un’ora e mezza, su un palco rialzato, almeno un metro e mezzo più del solito, dove i tre protagonisti sono in linea, e tornando al discorso, ho avuto quasi la sensazione di stare ad ascoltare un loro disco, tanta la meticolosità della messinscena, comunque al di la di pareri personali, il nutrito numero di fan deduco abbia apprezzato, data la sincera partecipazione e una discreta empatia da sing a long, per quanto loro siano stati timidamente glaciali e concentratissimi nel loro mestiere.
Foto: Stefan Brending