Nube è uno dei profili che seguiamo da più tempo, grazie ad una certa empatia che diventa difficile non avvertire nei confronti del progetto del giovanissimo cantautore piemontese, che dopo aver risalito la perigliosissima e densa corrente del nuovo mainstream contemporaneo pare aver trovato un proprio baricentro proprio nell’uscita di “occhi cinepresa”, il suo primo EP per Revubs Dischi: un lavoro complesso, che raccoglie il frutto di anni di ricerche e si fa manifesto di un’idea di pop che respira aria europea, certamente ammiccando ad un certo gusto che riporta ad atmosfere lontane dall’idea di “musica leggera” nostrana.
E’ già stato protagonista (e più volte) dei nostri bollettini, certamente non potevamo risparmiarci dal fargli qualche domanda sul disco, sulla sua idea di estetica pop e su quali siano, per nube, le cose davvero importanti.
Nube, è un piacere poterti fare finalmente qualche domanda. Sin dal tuo esordio, mi ha sempre affascinato il tuo modo delicato ed elegante di fare pop. Ecco, partirei da qui: cosa significa per te la parola “pop”?
Ciao! Apprezzo molto il complimento perchè è esattamente dove voglio che il progetto “nube” si posizioni, una sfera del Pop elegante e delicata. Molte volte noto che la parola “Pop” viene usata quasi come dispregiativo in Italia, è diventata sinonimo di poca qualità sotto il punto di vista dei testi e della ricerca di nuove immagini. Eppure oltre ai nostri confini artisti come The Weeknd, Billie Eilish e Clairo (solo per citarne alcuni) ci insegnano che si può fare Pop senza che diventi il “fast food” della musica.
“Pop” per me significa “musica nella quale un’ascoltatore X facilmente si ritrova”, cosa che in realtà è molto difficile ottenere autenticamente.
Ho avuto occasione di ascoltarti dal vivo, in una formazione particolare, in compagnia di Maelstrom. Già allora, mi sembrava che fossi ben intenzionato a passare il messaggio per il quale una canzone possa stare in piedi con poche cose, una chitarra e uno djambe, quando il pezzo funziona. Ti chiedo quindi quali siano gli ingredienti fondamentali che deve avere un tuo brano, per soddisfare il tuo spirito critico.
Sicuramente per essere soddisfatto il brano deve lasciarmi qualcosa, che sia una sensazione positiva o negativa, l’idea di un colore o la rievocazione di un ricordo, l’importante è che ascoltando il brano il mio cervello non rimanga “passivo”.
“Occhi cinepresa” è un titolo d’effetto, che in qualche modo chiude il cerchio che avevi aperto al tuo debutto assoluto con “come un film di Wes”. Cosa ti piace del cinema, e in che modo lo senti così collegato alla tua musica?
Penso che musica e cinema siano due arti estremamente collegate, il mondo del sonoro che incontra il visivo per esaltarlo o viceversa. Sono un appassionato di cinema, soprattuto Europeo e Francese perchè proprio come tento di fare io con la musica, mi trasporta in mondi sconosciuti ed alimenta la mia immaginazione.
Senti, se dovessi dirci qual’è il filo rosso che collega, per te, tutti i brani del disco, quale indicheresti?
In questo primo disco ho lasciato (più o meno volontariamente) che l’unico vero filo rosso presente in tutto il disco fossi io e la mia personalità . Più avanti probabilmente proverò a lavorare ad un Concept Album con una grande idea di fondo, però ora penso di non esserne ancora in grado.
Parlaci un po’ dei brani che ancora non consociamo: su tutti, ci ha colpito “guerra fredda” e “1998”, che sembra davvero parlare di un’intera generazione”…
Con “1998” l’idea è stata proprio quella di scrivere un vero e proprio “inno” generazionale, una colonna sonora indie-pop con citazioni alla cinematografia Pop come dimostra il riferimento a Spider-Man e la citazione alla serie “The Good Place”.
Per “guerra fredda” il discorso invece è diverso, è uno di quei brani che ora non sento più come quando lo scrissi, è anche un po’ questo il ruolo di noi musicisti, incapsulare sensazioni e momenti in piccole gemme spazio-temporali.
Momento del gioco: associa ad ogni brano di “Occhi cinepresa” un film che, secondo te, potrebbe averlo come colonna sonora.
Allora… vediamo.
grandine: L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, Sydney Sibilia (2020)
come un film di wes: Moonrise Kingdom, Wes Anderson (2012)
1998: Spider-Man, Sam Raimi (2022)
boule à neige: The French Dispatch, Wes Anderson (2021)
guerra fredda: Il Grande Gatsby, Baz Luhrmann (2013)
bad loop: Ma Loute, Bruno Dumont (2016)
specchi: Freaks Out, Gabriele Mainetti (2021)
dejavù: Paura e Delirio a Las Vegas, Terry Gilliam (1998)
Nube, grazie del tempo che ci hai dedicato. Ora, ovviamente, speriamo di poterti vedere presto live: hai già qualche data in vista?
Per adesso non ho date in programma ma ho buone sensazioni per il futuro!