C’era attesa e curiosità per il secondo album delle Big Joanie – Stephanie Phillips alla chitarra, Estella Adeyeri al basso e la batterista Chardine Taylor-Stone ““ un disco uscito per la Daydream Library di Thurston Moore in Inghilterra e su Kill Rock Stars in America, prodotto da Margo Broom (Fat White Family) pubblicato dopo l’esordio “Sistahs” del 2018 che aveva acceso riflettori e speranze sulla rinascita di un certo spirito riot grrrl fatto di sorellanza e grintosa solidarietà al femminile. Piacevole scoprire che l’indole creativa e battagliera del trio afro caraibico londinese non è stata minimamente intaccata da restrizioni e pandemie.
Un mix di influenze dichiarate che va da Raincoats, Throwing Muses ai Buzzcocks ai Jesus and Mary Chain a scrittrici come Audre Lorde e bell hooks popola tredici brani che riflettono sul concetto di appartenenza e la sua mancanza, sul non sentirsi mai veramente a casa in nessun posto nè nell’odierna e divisa Gran Bretagna, in Africa o nei Caraibi. Perchè non crearsi il proprio spazio allora, una casa lontano da casa non meno accogliente di quella desiderata, questo sembra suggerire la musica delle Big Joanie.
Armonie e distorsioni psichedeliche s’incontrano in “Cactus Tree”, segno evidente di come ancora una volta “punk” per le BJ significhi soprattutto libertà , anche quella di mettere insieme assoli pungenti e melodia in “Taut”, i sintetizzatori avvolgenti di “Confident Man” o dell’intensissima “Your Words” e di “Count To Ten”, gli accordi, le chitarre trascinanti di “What Are You Waiting For?”. Piccole cavalcate country punk come “In My Arms” fanno risaltare la voce calda di Stephanie Phillips spesso affiancata dalle altre in armonie tripartite che sono uno dei punti forza del trio.
Amore e politica, molta adrenalina, appunti personali in “Happier Still” che parla di depressione e conferma l’anima shredder delle Big Joanie, voglia di scappare in “Insecure” che racconta di uno dei tanti treni presi in un momento di vulnerabilità , lo stesso ritratto in “Today” con una bella linea di basso by Adeyeri, mentre “I Will” costruisce un groove ipnotico e tenace che trasporta verso “In My Arms (Reprise)” che riprende e rallenta il ritmo di “In My Arms” diventando una traccia autonoma, a se stante. “Sainted” profuma di new wave, ancora sintetizzatori in chiusura di un album solido e ricco di spunti.
Credit Foto: Sam Keeler