Passa da Milano il tour dei Band of horses in giro in Europa per presentare il nuovo lavoro in studio “Things are great“, disco che riporta il collettivo di Seattle ai fasti di un tempo, a quell’esordio del 2006 “Everything All The Time” che li fece annotare tra le cose migliori di quell’annata, cantautorato, folk, canzone d’autore, indie-rock, con un approccio semplice ed asciutto mettendo in primo piano la scrittura genuina di Ben Bridwell e soci.
Poi una discografia articolata, più elaborata in se, esplorando nuovi territori, sempre rimanendo comunque fedeli a se stessi e alla canzone americana, fonte d’ispirazione universale.
Come tanti appuntamenti di quest’anno, anche quello dei Band of Horses è un recupero di quella data fissata nel 2020, poi più volte rimandata tra l’altro fissata comunque prima della pubblicazione dell’album nuovo, dettagli, ormai, di poco valore.
Stasera è il Magnolia che ospita non solo i Band of Horses, ma anche i Gently Tender, che hanno l’onere di aprire la serata.
Progetto nuovo, ma vecchie conoscenze, dato che si tratta del collettivo un tempo a moniker Palma Violets. Resettati e auto restaurati pubblicano un nuovo disco, il primo in assoluto con questo nuovo nome, “Take hold of your promise”, dopo un esordio ufficiale con un primo singolo ed altrettanto concerto a Londra nel 2018.
Salgono quindi sul palco per primi, li avevo già ampiamente ascoltati nei giorni scorsi e dal vivo hanno confermato tutto quello che di buono c’è nel disco in questione, melodie dreamy, a tratti soul o da traduzione brit, spesso cantate a più voci quasi cercando una sorta di polifonia, formazione classica con le chitarre e un tocco sintetico, senza voler cambiare la musica moderna, apparecchiano un set che raccoglie applausi, i brani chiave non mancano.
Band of horses subito dopo, il tempo tecnico di un cambio palco, assolutamente in gran forma, viscerali e sinceri quanto autentici, regalano un gran bel concerto, fatto da gente che ama il proprio mestiere, si vede e si sente e che più di altri abbiano sofferto il fermo pandemico, non solo per un sacrosanto ritorno economico, ma proprio per quella necessità di suonare in giro le proprie canzoni.
Proprio queste stesse canzoni sono le protagoniste anche stasera, perchè, al di là dei gusti, direi che la discografia del collettivo di Seattle, ne è piena.
Oltre agli episodi del disco nuovo, frutto di un periodo duro tra isolamenti imposti e separazioni dolorose, non possono mancare i capisaldi di un percorso artistico inattaccabile di oltre ormai quindici anni di musica.
Dall’inizio, con Ben alla slide guitar, di “Monsters” e “The First song”, ai volumi assordanti di “NW Apt” o “Casual party”, per cui dopo qualche episodio, il sottoscritto, ha pensato bene di lasciare la transenna e accomodarmi in qualche fila successiva, quindi la bellissima “No One’s Gonna Love You”, ma anche “Is There A Ghost” o la grandaddy style “The Great Salt Lake”, non poteva mancare “The Funeral”, fresca di aneddoto raccontato nel pomeriggio in diretta su radio Deejay: lo stesso Bridwell spiegava quanto questa canzone, diventata negli anni simbolo prepotente e imprescindibile di una vita artistica targata Band of Horses, fosse sul punto di essere scartata e solo grazie al produttore di allora, che s’impose ardentemente, fu reinserita in tracklist, strana la musica a volte.
Ci sta anche una rarissima per quanto riguarda la dimensione live “Cigarettes, Wedding Bands” e la chiusura nei bis di “The General Specific”.
Anche loro non hanno mai preteso di inventare nulla o di cambiare le sorti del pianeta, semplicemente di scrivere e suonare belle canzoni, come, del resto, stasera.