A fine ottobre 2021 Marissa Nadler ha pubblicato, via Bella Union, il suo nono album, “The Path Of The Clouds“: scritto durante la pandemia, il disco vede comunque numerose collaborazioni importanti con artisti del calibro di Mary Lattimore, Simon Raymonde ed Emma Ruth Rundle, solo per citarne alcuni. Dopo aver realizzato lo scorso febbraio anche un nuovo EP, “The Wrath Of The Clouds”, ora la quarantunenne musicista nativa di Washington, D.C. puo’ portare la sua musica di nuovo anche in Europa: tra pochissimi giorni Marissa passerà anche in Italia per tre imperdibili appuntamenti (venerdì 18 novembre all’Arci Bellezza di Milano, sabato 19 alla Chiesa Valdese di Roma (all’interno della rassegna “Unplugged In Monti”) e domenica 20 al Freakout Club di Bologna). Noi di Indieforbunnies.com abbiamo approfittato di queste date per contattare la gentilissima statunitense via e-mail e farci raccontare maggiori dettagli sul suo nuovo disco e non solo. Ecco cosa ci ha detto:
Ciao Marissa, come stai? Sei in tour in Europa proprio in questi giorni e passerai in Italia molto presto per tre date: come ti senti a poter essere di nuovo on the road dopo questi due anni tragici? Quali sono le tue aspettative per i live-show italiani?
Sono molto contenta di poter suonare di nuovo musica dal vivo. Entrare in contatto con le persone e ricordarsi del potere emotivo della musica è una cosa straordinaria.
Il tuo nono album, “The Path of The Clouds”, ha da poco compiuto un anno: quali sono le tue sensazioni al riguardo? C’è un significato particolare dietro il suo titolo?
Mi sento molto orgogliosa di questo album. è di gran lunga uno dei miei preferiti tra tutti quelli che ho scritto. Il titolo della traccia si riferisce alla storia di DB Cooper, ma anche al superamento del destino e alla creazione del proprio destino. è un verso che parla di data e destino.
Ti eri trasferita da poco tempo da Boston a Nashville quando è arrivata la pandemia: è stato difficile per te trovarsi in isolamento in una città che non conoscevi? Possiamo etichettare “The Paths Of The Clouds” come un album sulla pandemia? Quanto queste cose hanno influenzato il tuo songwriting?
Preferisco che non venga etichettato come un album sulla pandemia. Per me è molto di più. Sì, è stato molto difficile trovarsi in un posto nuovo e non poter andare da nessuna parte o incontrare qualcuno. Quindi gran parte dell’ispirazione è stata data dai viaggi nel tempo e dalla mia mente.
Ho letto che guardavi spesso “Unsolved Mysteries”: puoi dirci come questa serie televisiva ha ispirato i tuoi testi?
Ha ispirato “Bessie Did You Make It”, “The Path Of The Clouds” e “Well Sometimes You Just Can’t Stay”. Ma i temi si riferiscono direttamente ai temi personali dell’album e sono serviti solo come punto di partenza per l’album. Ci sono molti parallelismi e concetti concomitanti.
In “The Paths Of The Clouds” ci sono molti ospiti quali Mary Lattimore, Simon Raymonde, Emma Ruth Rundle, Milky Burgess: cosa hanno aggiunto al tuo sound?
Tutti hanno aggiunto sapori unici. Milky è stato il principale collaboratore dell’album e ha realizzato alcuni grandi riff e arrangiamenti.
Simon Raymonde ha aggiunto il suo splendido basso, un sogno che si è avverato. Jesse Chandler ha aggiunto una tonnellata di pianoforte, fiati e bellezza spettrale. Anche Emma, Mary e Amber hanno aggiunto molta bellezza.
Di recente hai imparato a suonare il pianoforte: quanto è stata importante questa cosa durante la registrazione del tuo nuovo disco?
Credo che le progressioni degli accordi delle canzoni fossero diverse perchè stavo abbandonando la memoria muscolare della chitarra. Al pianoforte le cose sono disposte in modo diverso, quindi è naturale che accadano cose nuove.
Quali sono stati i maggiori cambiamenti tra “From My Crimes” e “The Paths Of The Clouds” secondo la tua opinione?
Il nuovo disco è un album audace, ricco di stratificazioni. “From My Crimes” è molto scarno. Sono album davvero molto diversi. Penso che se un artista non si evolve, è un po’ la morte del processo. Spero di continuare a evolvermi con ogni disco futuro.
Lo scorso febbraio hai pubblicato “The Wrath Of The Clouds”, un EP che accompagna il tuo nuovo disco. Ci sono tre nuove canzoni e due cover: puoi dirci qualcosa di più su questo EP?
“Guns On The Sundeck” e “All The Eclipses” erano canzoni destinate a “For My Crimes”. Non volevo fare un doppio album, quindi ho dovuto tagliarne due. Ho tagliato “Guns” per motivi di lunghezza e “All The Eclipses” perchè dovevo farlo. Ma tenevo ancora alle canzoni e volevo che la gente le ascoltasse. Le cover erano quelle che avevo sempre voluto fare. “Seabird”, in particolare, è stata molto divertente e non avevo mai cantato una cosa del genere prima d’ora.
Sei nell’industria musicale da più di 20 anni: quanto ti sei evoluta sia come persona che come musicista in questo lungo periodo? C’è qualcosa che vorresti cambiare se potessi tornare indietro nel tempo?
Beh, non si può tornare indietro nel tempo, quindi cerco di non pensare ai rimpianti. Sono un artista per tutta la vita e intendo esserlo sempre. Non faccio musica per la fama e per questo è sempre il mio stretto confidente, la mia mediazione e la mia grande ricerca. Scrivere canzoni, cantare, suonare e collaborare mi dà ancora una grande gioia. L’emozione è ancora presente. Anzi, più che mai, dato che la mia sicurezza è cresciuta e non sono più così mite come quando ho iniziato. All’inizio ero così dolorosamente timida che era un ostacolo e ho imparato a trovare la forza dentro di me per potermi esibire dal vivo.
Hai qualche nuovo artista interessante da suggerire ai nostri lettori?
Nordra! è il nome della band della mia bassista/cantante in tour ed è fantastica. Si chiama Monika Khot e ci aspettiamo di sentire grandi cose da lei.
Un’ultima domanda: puoi scegliere una delle tue canzoni, vecchie o nuove, come colonna sonora di questa intervista?
è una domanda davvero difficile. “Lemon Queen”!