Gli occhiali di Nick Hakim danno il benvenuto in copertina e introducono il nuovo album “Cometa” (aquilone in spagnolo) in cui l’ R & B contemporaneo da sempre contaminato con l’elettronica del buon Nick si veste di note romantiche con l’aiuto di Helado Negro, Alex G, Arto Lindsay e DJ Dahl. L’innamoramento è infatti al centro di dieci brani nati tra le Catskills e studi di registrazione in Texas, North Carolina, California e New York. Composizioni più classiche, lineari, meno eccentriche e psichedeliche ma sempre dotate di originalità .
Il sentimento descritto da Hakim possiede mille sfumature, non ha nulla di adolescenziale se non il trasporto e la strana vertigine che provoca, la scintilla del primo incontro che matura e viene vissuto con dolce sobrietà , la stessa dell’affetto materno descritto in “Ani”. “Cometa” celebra la forza di piccoli gesti semplici e quotidiani sottolineati da sintetizzatori, sassofoni, chitarre acustiche spesso presenti in sottofondo o in primo piano ““ “Happen” ad esempio ma anche “Vertigo” ““ senza rinunciare all’elettronica funky di “Feeling Myself” e al sound jazz di “Only One”. Musica in bilico tra passato e presente, tra vintage e modernità , come lo era quella di “Small Things” album realizzato insieme al sassofonista Roy Nathanson.
La voce di Nick Hakim è ovviamente fulcro di ogni brano, un falsetto versatile che si cimenta in ballate evocative stile Bon Iver (“M1” o “Perfume” e “Slid Under”) mescolando chitarre e ritmi pungenti con dei beat quasi hip hop in “Something” e “Market”. E’ un bel disco autunnale “Cometa”, intimo e caldo ricorda le evoluzioni meno esibizioniste di Father John Misty lasciando dietro di sè buone vibrazioni e sensazioni altrettanto gradevoli. Decisamente meno sperimentale di “Green Twins” e “Will This Make Me Good”, rappresenta l’anima più sensibile e accessibile di un artista che sa sorprendere persino se stesso.
Credit Foto: Jack McKain