Ci sono poche band che dal vivo riescono a mantenere quell’umiltà e quella semplicità che da sempre li hanno contraddistinti.
Un gruppo come i Phoenix non ha nulla da invidiare a coloro che riempiono gli stadi uno dietro l’altro, e anche in un locale come l’Alcatraz di Milano riescono a mettere in piedi uno spettacolo di pura magia e di puro amore per il proprio lavoro.
Anche se il concerto non ha registrato il sold-out immediato, l’impressione generale era che la location milanese fosse riempita fino all’orlo per vederli. Una bolgia infinita di radical chic di svariate età pronta a sbracciarsi per il frontman Thomas Mars, aka Bugo. Il palco molto semplice, contraddistinto da tre serie di luci al neon di sopra e una batteria con annessa tastiera e synth rialzata. Il background, invece, il classico schermo per proiettare i visual (di cui poi parlerò dopo).
Il concerto si apre subito con una delle canzoni che li ha resi famosi: “Lisztomania” dà il via ufficialmente alle danze (per modo di dire visto che il batterista e Thomas andavano fuori tempo, ma questo per motivi tecnici), carica ed energetica è il modo giusto per partire e per farsi vedere dal popolo ai loro piedi. Perchè sì, se la band all’inizio non si fa vedere successivamente, all’inizio del primo ritornello, si mostra con un forte colpo di luce e la comparsa alle spalle di una galleria del Palazzo di Versailles. E come dicevo nella recensione di “Alpha Zulu“, disco in promozione per questo tour, eccoci che entriamo nelle loro gallerie personali per scoprire vecchie e nuove creazioni a loro connesse.
La mostra prosegue subito con il secondo pezzo, “Entertainment!” e la massa che esplode con uno dei giri di chitarra più conosciuti del gruppo. Per il momento il frontman non si rivolge ancora al pubblico, continua a cantare perfettamente una canzone dietro l’altra; si prende tutti gli applausi non richiesti in un momento di cambio di canzone finchè non arriva ad ammettere di essere stato poco in Italia con la band e che questo non poteva andare bene.
Ecco quindi che apre al nuovo materiale, e in questo caso alla performance di “Alpha Zulu”: la versione studio è già molto convincente, ma vi posso assicurare che dal vivo è qualcosa di inimmaginabile. La versione, un pochino più rockeggiante, è pura adrenalina e riesce, a mio parere, ad aggiudicarsi la migliore canzone eseguita dalla band durante il live.
Tra vecchi e nuovi pezzi, canzoni d’amore in onore dell’Italia e via dicendo, arriva il momento in cui “Identical” inizia a risuonare nelle nostre teste. La reazione del pubblico non è al pari di “If I Ever Feel Better”, eseguita subito dopo, ma alla band non frega niente e comunque la suona magistralmente.
Con l’encore si raggiungono vette altissime per “Telefono” e “Fiordilatte” suonate voce e clavicembalo o ancora con l’entrata sul palco (costruita ad hoc fintamente) di Giorgio Poi per la canzone in collaborazione “Lovelife”. Con (ovviamente) “1901” il concerto termina ufficialmente, ma non prima di aver visto un Thomas impazzito scendere dal palco col microfono per andare a ringraziare tutti i fans, immergendosi fisicamente tra la folla e facendo uno stage diving (ma al contrario) per risalire sul palco.
Non considerando i visual, alcuni forse troppo imbarazzanti, il live milanese dei Phoenix è stato impeccabile con una resa vocale e strumentale d’alto livello. I ragazzi francesi sanno come tenere un palco, hanno imparato tanto durante questi anni e sono sicuro che ne avranno da dimostrare in futuro. E ce la faranno tranquillamente.