Passa da Milano, precisamente dal solito circolo Magnolia di Segrate, il tour di Julia Jacklin, artista australiana classe 90, capace di imporsi all’attenzione della critica internazionale, sin dai primissimi singoli come “Pool party” o “Coming of age”. Songwriter sublime, raffinata, leggera e profonda allo stesso tempo.
Julia è in Italia per presentare il disco nuovo uscito qualche mese fa, “Pre pleasure”, il terzo capitolo della saga, dove nuovamente sono state rimescolate le carte in tavola, per rigenerarsi e non ripetersi, dopo l’ottimo “Crushing” del 2019.
Al lavoro con Marcus Paquin, già dietro al mixer di The national o The Weather Station, un volo transoceanico verso il Canada e un soggiorno che ha regalato un nuovo tassello al mosaico di grande qualità , suggellando una discografia già importante, che ci consegna un artista tra le migliori in circolazione, in grado di non sbagliare nulla, non una virgola fuori posto.
“Pre pleasure” potrebbe essere l’album della maturità e anche l’ulteriore passo in avanti verso una certo riscontro. Il disco giusto al momento giusto per riportare e consolidare, al pari di colleghe come Angel Olsen, Sharon Van Etten o la stessa Courtney Barnett, il folk, il cantautorato con gli occhi e la percezione di una giovane donna.
Ad accompagnare la serata c’è anche un’altra ottima performer Erin Rae da Nashville, inviata da Julia ad aprire tutto il tour europeo.
Erin non è certo l’ultima arrivata, il suo terzo lavoro, “Lighten Up” uscito quest’anno, è un altro ottimo esempio di garbo e delicatezza, con la voce che si appoggia su melodie sognanti, mischiando sapientemente alt country, psichedelia e folk di notevole caratura.
Erin sale sul palco per le 20,45 in solitaria, chitarra e voce e ci regala una mezz’ora di grande musica, canzoni messe a nudo, che non rimpiangono la mancanze di un ensemble ad accompagnare, talmente scritte bene, impeccabile, non poteva esserci ospite migliore.
Julia Jacklin appare poco dopo sulle note di “My heart will go on”, brano utilizzato come mantra iniziale, quindi si immerge subito in una “Don’t let The Kids Win” chitarra e voce, per poi abbracciare tutti i compagni di viaggio, una sorta di famiglia, ognuno con la propria personalità e gran gusto, il risultato è di grande valore, basso, batteria, chitarre e suoni sintetici amalgamati alla perfezione.
Lei è bravissima e dal vivo lo è ancora di più, con una voce angelica e un carisma da vera padrona di casa.
In setlist, gran parte dell’ultimo disco, dalla bellissima quanto ipnotica “Moviegoer” (una delle sue migliori in assoluto) alla traccia d’apertura “Lydia wears a cross”, ma anche l’incalzante “I was neon” o la conclusiva “End of a friendship”, non mancano le sensazioni dal passato, dalla sopracitata e immancabile “Pool Party”, ad una claustrofobica “Body”, con tratti minoreggianti, forse la migliore del lotto, o una romantica “Don’t know how to keep loving you”, fino ad un altro singolo rasoiata come “Pressure to party”, saranno in totale quindici brani, in cui si fa davvero fatica a sentire qualcosa non a fuoco, per un concerto tra i migliori dell’anno, divina.