Primo disco dei Dead Cross con Mike Patton ben inserito in formazione. La musica dell’esordio datato 2017, infatti, era già stata registrata prima che il frontman dei Faith No More arrivasse in sostituzione del precedente cantante, ovvero il povero Gabe Serbian scomparso prematuramente pochi mesi fa. I cambiamenti sono evidenti ma non particolarmente vistosi. Seppur continui imperterrito a menare duro il supergruppo – costituito dal già citato Patton, dal chitarrista Michael Crain (Retox), dal bassista Justin Pearson (The Locust, Head Wound City) e dal leggendario batterista Dave Lombardo (Slayer, Testament, Suicidal Tendencies) – sembra essersi leggerissimamente allontanato dal letale mix tra hardcore punk e thrash metal che era alla base del debutto.
“II” è un disco in tutto e per tutto pattoniano: folle, schizofrenico e pieno zeppo delle più disparate contaminazioni tra generi e stili. Inaspettati sprazzi di melodia e un lavoro più dinamico e meno violento da parte di Lombardo ““ che, come al solito, è un gigante dietro le pelli ““ fanno sì che l’opera riesca a ben impressionare chi è alla ricerca di un’esperienza d’ascolto al tempo stesso potente e sfaccettata. Un nervoso oscillare tra finezze metal e impatto punk per nove brani carichi di rabbia ma in media non fulminanti come quelli contenuti nel precedente album.
Qui c’è molta più carne al fuoco. Le strutture dei pezzi sono decisamente complesse, con tempi flessibili e un’attenzione marcata al fattore tecnico (che è impressionante, considerando i nomi coinvolti nel progetto). Il desiderio di evolvere dei Dead Cross è lampante ma, a tratti, offusca quella spontaneità e quella maleducazione che invece erano centrali nell’esordio. I risultati sono più che soddisfacenti ma Mike Patton e compagni non riescono a darci un’idea chiara di cosa vogliono fare o di dove vogliono andare.
Si parte con le ombre sabbathiane che tingono di nero il post-punk metallico con venature grindcore di “Love Without Love” e “Animal Espionage”, per poi muoversi verso l’hardcore cattivissimo ma impuro di “Heart Reformer”, “Strong And Wrong” e “Ants And Dragons”, dove elementi di surf, thrash e math rock si scontrano con violenza generando un mostro a metà strada tra Dead Kennedys e The Dillinger Escape Plan.
Con “Nightclub Canary”, “Christian Missile Crisis” e “Reign Of Error” si fa un bellissimo salto indietro nel tempo, pieno zeppo di gustosi richiami all’hardcore più sanguigno degli anni ’80 e ai vecchi classici degli Slayer. Come al solito quel portento di Mike Patton si sbizzarrisce al microfono, tra urla lancinanti e spaventosi versi gutturali (ma anche qualche timida apertura melodica, come già specificato).
Di tanto in tanto passa il testimone a Justin Pearson che, con la sua sgraziatissima voce molto acuta e aspra, dona un pizzico di follia in più agli episodi più estremi. Non mi pare di sentirlo nella conclusiva “Imposter Syndrome”, un brano cupo e mutevole che, tra passaggi lenti e improvvise accelerazioni, fa da summa a un album convincente ma dalle troppe sfaccettature. Il giudizio è positivo, l’ascolto è consigliato ma cari Dead Cross, evitate di lanciarci addosso la qualunque perchè non tutto fa presa.