Ciò che Simon Green – Bonobo – crea con la sua musica, le sue trame elettroniche più incalzanti e quelle che, invece, sono più riflessive, più melodiche e più rarefatte, servendosi, in maniera particolarmente accattivante, delle immagini proiettate sullo schermo alle spalle della band, delle loro magmatiche tonalità di blu e di rosso o delle loro glaciali tonalità di verde e di bianco, è un vero e proprio avvolgente grembo materno.
Un grembo nel quale il pubblico accorso all’Estragon ritrova la bellezza, oscura e intensa, di una notte capace di alterare i nostri normali schemi di pensiero, i soliti morbosi obblighi sociali e soprattutto quelle esigenze artificiali che non hanno assolutamente nulla a che vedere con la vita vera, quella che è fatta di sentimenti, di passioni e di percezioni che la profonda house proposta da Bonobo, l’elettronica tribale celata nelle sue canzoni e le ritmiche circolari dei bassi e della batteria, esaltano ed amplificano, invitandoci a muoverci, a ballare e a proiettare le nostre fantasie sul palco del club bolognese, ma anche su quegli angoli nascosti, su quei luoghi ombrosi dell’anima, su quegli spazi vuoti esistenti tra i nostri sogni, che, spesso, ci rendono ansiosi, dubbiosi o inutilmente aggressivi ed arrabbiati.
Intanto Bonobo alterna momenti nei quali è solo ad altri nei quali è accompagnato da altri artisti, compresa Nicole Miglis con la sua voce incantevole, calda, angelica ed affascinante. Essere in compagnia, restare da solo, ritrovarsi a condividere il palco con un nuovo compagno di viaggio, è un po’ quello che accade a ciascuno di noi. Ma, in realtà , anche nei momenti di solitudine più dolorosa, la musica può essere una presenza ristoratrice e positiva: è ciò che Bonobo ci mostra nella sua avvincente, appassionata e divertente session solitaria, una session a base di acid house, synth-wave ed afro-beat, che libera ogni nostra energia nascosta e ogni nostro istinto naturale, rendendoci, per una sera, più rilassati, più appagati e più soddisfatti. E’ il potere terapeutico e curativo della musica, di ogni musica e di un artista che, oramai, è una vera e propria icona, ma senza perdere, per la sua e per la nostra fortuna, nemmeno una briciola della propria umanità , della voglia di suonare, di divertirsi e di divertire il pubblico, estasiandolo con ogni singolo frammento musicale e con un piacevole fluire di oceani, cieli, ghiacciai, montagne che rappresentano la nostra Terra e, di conseguenza, tutti noi, svincolati da quei limiti, quelle barriere, quei confini e quei divieti che, sempre più frequentemente, inaridiscono, falsificano e incattiviscono le nostre esistenze.