Kae Tempest attraversa uno spettro di emozioni davvero ampio, toccante ed elettrizzante, passando, con disinvoltura da momenti profondamente commoventi ad altri che, invece, sono intrisi, fino al midollo, di esuberante e travolgente energia hip-hop. Il suo show può essere suddiviso in due parti fondamentali: quella nella quale l’artista inglese suona il recente “The Line Is A Curve” e quella dove vengono proposti alcuni brani del passato.
Le due sezioni, però, aderiscono al medesimo viaggio personale e sonoro, la cui prima parte viene chiusa, intanto, da una magistrale ed avvolgente “Grace”, una canzone che, con la sua purezza e la sua serenità , riempie il solco scavato dalle canzoni precedenti, più incisive e più dirette, e ci sprona a riflettere, come se fossimo un unico corpo, un unico cuore e un’unica mente, su come l’amore e la grazia siano in grado di toccare le nostre vite, rendendoci, se apriamo loro quelle porte emotive che, a volte, teniamo sbarrate, più liberi, più pacifici, più completi e più appagati. Perchè ciò che influenza positivamente i nostri sensi e il nostro spirito non sono la nostra posizione sociale, le ricchezze che abbiamo accumulato, l’influenza e il potere che possiamo esercitare, discriminando e spesso giudicando con supponente superficialità le esistenze altrui, ma ciò che, alla fine, farà davvero la differenza è la consapevolezza del tempo.
La consapevolezza dei giorni che viviamo, che sono giorni irripetibili e perciò vanno stretti forte al petto, vanno assaporati fino in fondo, vanno celebrati e ricordati, accettando ogni cosa essi possono donarci: adrenalina, dolore, caos, rumore, quiete, silenzio o piacere, senza alcuna vergogna e senza nessuna paura, in quanto questi nostri giorni racchiudono quella che è nostra vera essenza e quindi, in un certo senso, essi sono noi e noi non possiamo privarcene, sarebbe come rinunciare a ciò che siamo, a ciò che ci definisce, a ciò che ci rende così unici e così speciali. “These Are The Days”, è l’accattivante ed appassionante messaggio che Kae Tempest lancia al pubblico del Locomotiv: non dobbiamo dimenticare, infatti, quello che è il nostro presente, il fatto che siamo qui adesso, tutti assieme, e ciascuno può fare la propria parte, può rendere migliore la propria vita e quella delle persone con cui interagisce, al di là di ogni velo di tristezza o di rassegnazione, di ogni lacrima che bagna il nostro viso.
Nella parte conclusiva del concerto c’è anche lo spazio per un passaggio strumentale completamente elettronico, una vera e propria tempesta di synth e ritmiche coinvolgenti e ballabili, che dirada le cupe nubi del materialismo iper-tecnologico che governa le nostre esistenze e ci rammenta, con forza e determinazione, che abbiamo un futuro, che nulla è già stato deciso e che, citando un altro significativo passaggio del concerto, quello nel quale Kae, attraverso “Smoking”, si immerge e scava nei propri ricordi passati, anche se tutto è stato distrutto, anche se siamo totalmente rotti, guasti, rovinati o fuori uso, non dobbiamo cedere e uniformarci all’inferno che ci hanno cucito addosso, ma dobbiamo trasformare questo momento così sofferto e straziante in quello della speranza, della rinascita, della nostra guarigione.
Guarigione che si manifesta ogni volta che, come è successo nello storico club bolognese, riusciamo ad attingere alle innumerevoli positività che abbiamo attorno a noi, ad iniziare dalla musica di Kae Tempest, dalle sue poesie, per finire con i piccoli gesti, le parole, le spiegazioni, le verità , ma anche i significativi silenzi che siamo in grado di donare agli altri, superando quello stile di vita basato solamente su un asettico, eccessivo, egoistico e unidirezionale edonismo.