10. THE REDS, PINKS & PURPLES
Summer At Land’s End
[Tough Love]
La nostra recensione
Anche se Glenn, musicalmente parlando, è stato in grado di scrivere canzoni ancora più immediate in passato, sono sincero se dico che questo è il disco di The Reds, Pinks & Purples che preferisco, forse perchè intravedo, come non mai, in questo album la forza di immensa di attaccarsi saldamente alla nostra pelle e resistere, ancora più dei suoi comunque mirabili predecessori, nei nostri pensieri: non vi libererete facilmente di queste melodie, ve lo garantisco.
9. KNIFEPLAY
Animal Drowning
[Topshelf]
La nostra recensione
Capaci di unire le trame sofferte e slowcore dei Red House Painters a esplosioni shoegaze catartiche e totalizzanti, i Knifeplay ci accompagnano in un mondo oscuro, ricco di ombre e tensioni emotive, eppure sono sempre capaci di infondere un senso di rassicurazione su di noi: la loro musica è un abbraccio, capace di essere evocativa, rumorosa e nello stesso tempo quasi rurale. Gli anni ’90 nella loro forma sicuramente rumorosa, ma senza dimenticare quasi un animo folk, dal quale attingere per scacciare le paure e sentire la melodia scorrerci nel cuore.
8. PAOLO NUTINI
Last Night In The Bittersweet
[Atlantic]
La nostra recensione
Un album imponente, ricco di contenuti e rimandi, di suggestioni e solide realtà , e che dal punto di vista musicale ed estetico/culturale va ad ampliare ulteriormente la tavolozza dei colori sin qui da lui utilizzata. E’ un lavoro certamente eterogeneo ma che nell’esserlo finisce per definirci con esattezza lo stato attuale del suo titolare, perennemente proteso a muoversi e indagare se stesso, esplorando tutte le vie musicali per veicolarci le sue canzoni e il proprio mondo interiore. Un disco per nulla patinato dove la sostanza è anteposta alla forma. (Gianni Gardon)
7. TOLEDO
How It Ends
[Grand Jury]
La nostra recensione
Prodotto anche con l’aiuto di Melina Duterte (Jay Som) e questo è sicuramente un gran punto a favore, il disco è l’equivalente di un caldo e necessario abbraccio. Un indie-pop-folk dolce e gentile, capace di essere tanto malinconico e suggestivo quanto leggermente stravagante e piacevolmente melodico. Un magico e perfetto equilibrio che si snoda in 12 deliziose caramelle al gusto pop.
6. PHANTOM HANDSHAKES
A Passport To Remain
[Autoproduzione]
La nostra recensione
Si può migliorare qualcosa che è già perfetto? Evidentemente si. E a dimostrarcelo ci pensa il duo Federica Tassano e Matt Sklar, in arte Phantom Handshakes, che con questa seconda fatica intitolata “A Passport to Remain” rendono ancora più deliziosi e magici quei meccanismi dream-jangle-pop che ci avevano entusiasmati nell’esordio “No More Summer Songs” dell’anno scorso.
5. WHIMSICAL
Melt
[Shelflife]
La nostra recensione
Krissy Vanderwoude e Neil Burkdoll realizzano, a conti fatti, l’album più bello e completo della loro carriera, quello che ci fa tenere alta l’attenzione dall’inizio alla fine e sopratutto trova il perfetto equilibrio tra le pulsioni shoegaze e quell’indole indie-rock che la band ogni tanto manifesta.
Se il puzzle sonoro si compone di tali pezzi, ecco che non avremo difficoltà a trovarci fra le mani un vero e proprio gioiello, tanto accattivante e intenso quanto avvolgente e carezzevole.
4. SPIELBERGS
Vestli
[Big Scary Monsters]
La nostra recensione
Ricco di una carica che giusto i Japandroids potrebbero infondere se si mettessero in mente di fare un disco power-pop con una ferocia quasi thrash metal, “Vestli” è il degno seguito di quel piccolo capolavoro che era stato “This is Not the End” e la cosa mi fa ovviamente piacere, perchè su questi ragazzi io ci scommettevo non poco.
3. GHOSTLY KISSES
Heaven, Wait
[Akira]
La nostra recensione
Margaux Suavè si è fatta attendere per questo album d’esordio, è vero, ma è riuscita a lasciarci senza fiato, ammaliati dal suo candore, dalla sua voce così eterea e dal suo passo leggero scandito spesso dal piano e talvolta da morbidi synth in odore di folktronica leggera. Suggestioni incantevoli e ipnotiche, in cui un mondo carezzevole nasconde un forte messaggio di speranza e di attenzione a quei piccoli particolari che si caratterizzano poi nelle basi ritmiche e negli arrangiamenti delicati che fanno capolino.
2. ANNIE HAMILTON
The Future Is Here But It Feels Kinda Like The Past
[PIAS]
La nostra recensione
La partenza di “Providence Portal” con la sua sospensione affascinante e rigogliosa è biglietto da visita suggestivo e più che caratterizzante di quello che andremo a sentire, poi ecco che arrivano in successione tutti pezzi da novanta, capaci di essere melodicamente accattivanti, sempre arrangiati con delle soluzioni piacevolissime e con questo gusto pop che abbraccia derive legermente oniriche, ma nello stesso tempo non perde di vista la forma canzone e la struttura per entrare subito in circolo.
1. RUBY HAUNT
Cures For Opposites
[Autoproduzione]
La nostra recensione
I Ruby Haunt si muovono alla perfezione nei toni bassi, quelli che ci lasciano con la pelle d’oca, toccando emozioni, nervi scoperti, le suggestioni del cuore che ci costringono a stare svegli la notte perchè la testa e il cuore vanno all’unisono. Andamenti morbidi, circolari che ci ipnotizzano, ci catturano e non ne possiamo fare a meno, sopratutto nei primi tre brani, usciti come singoli. Poi nella seconda parte del disco il suono è più scarno, basato sui synth, gli anni ’80 un fantasma che aleggia, ma che non ci disturba.