Alessandro è una delle penne più ispirate del nuovo cantautorato italiano, uno che nella scrittura affila un’idea di pop che passa attraverso lo studio, l’osservazione, la volontà di dipanare nuovi percorsi che possano essere attraversati da tutti, non tanto sfuggendo alla nicchia quanto piuttosto tentando di allargarne i confini, rendendoli meno angusti e auto-referenziali.
Il suo primo disco, “Eclissi e Albedo“, mi aveva colpito e ne avevamo parlato qui su IFB; per questo, non potevo lasciarmi sfuggire l’occasione di fare il punto sulla situazione con il diretto interessato, che si è prestato con una certa disinvoltura al mio fuoco incrociato dal vago retrogusto di simposio platonico. Unitevi alla festa, ma prima degustatevi “Krakatoa”, il ritorno discografico di Millepiani.
Millepiani è uno dei cantautori che già in passato abbiamo avuto modo di incontrare e conoscere, e che oggi si ripresenta con un singolo che sembra percorrere il tracciato già segnato dal disco d’esordio del cantautore, “Eclissi e albedo”. Ciao Alessandro, piacere di rincontrarti: quanto sei cambiato dall’ultima pubblicazione rilasciata?
Ciao e grazie a tutta la redazione, in effetti il cambiamento c’è stato ma è avvenuto in modo del tutto inconsapevole. Anche perchè come diceva Eraclito “Non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume “! Ora dobbiamo chiederci: ma è il fiume che è cambiato o siamo noi che lo vediamo diverso e siamo cambiati e lui è sempre lo stesso? Oppure siamo cambiati entrambi? Oppure il divenire non esiste ed il cambiamento è solo un’illusione? Purtroppo rispondere a questa domanda è impossibile, quindi opterei per un’altra soluzione: “L’importante è cambiare rimanendo se stessi”. La coerenza prima di tutto. Come si fa ad essere coerenti ed evolversi contemporaneamente? Semplice: affrontando il proprio viaggio.
Senti, notiamo che anche qui l’occhio della cinepresa sembra focalizzarsi sull’indagine di ciò che è più antico, tellurico: è così? “Krakatoa” segue insomma un filo rosso che hai già teso con “Eclissi e Albedo”?
Sì certo, ne è la sua naturale continuazione, però è anche una reazione, un cambio di rotta. Se in Eclissi e Albedo l’elemento cardine del concept era la luce, nella sua natura fisica dualistica e sfuggente, metafisica, quantistica, in Krakatoa (e nel prossimo disco) l’elemento protagonista è la terra, materia immanente e multiforme, metamorfica. Il fuoco, l’acqua e l’aria, come elementi costitutivi dell’organismo Pianeta, sono comprimari e tutti questi attori insieme si combinano e collidono per creare set di nuove storie.
Il Krakatoa, per chi non lo sapesse, è uno dei vulcani protagonisti, a fine ottocento, di una delle più violente eruzioni della storia. Una sorta di “tabula rasa” che costrinse l’uomo a ripartire da capo: è questo che stai cercando di fare anche tu? Credi che abbia influito sulla scrittura del brano, in qualche modo, quello che è successo negli ultimi anni?
A volte è necessario fermarsi, azzerare e ripartire, per creare nuovi mondi. Fare un big bang concettuale. E’ quello che mi sono prefissato per il nuovo disco in produzione e credo che Krakatoa ne sia un bell’esempio. Rimanere se stessi cambiando. Quello che è successo negli ultimi anni certamente ha influito sulla mia percezione delle cose e del mondo, ma io cerco sempre di decontestualizzare il periodo storico che sto vivendo e di universalizzare i concetti al di là dello spazio e del tempo.
E cosa dobbiamo aspettarci dal disco che sarà ? Rivelaci qualcosa di “succoso””… E soprattutto, quanto dovremo aspettare?!
Il disco uscirà nel 2023, e sarà incentrato sul pianeta Terra e i suoi abitanti. Sulla sua fragilità , sull’equilibrio sottile che viene drasticamente ferito dall’impatto della volontà di potenza umana. Un disco che attraversa nei suoi testi ere geologiche, vulcani, catene montuose, deserti, continenti. La natura primordiale vista e contemplata dall’essere umano contemporaneo, informatico, iperconnesso. Come risanare questa ferita? Il concetto di anima individuale e del mana, ovvero dell’essere umano che è un tutt’uno con la natura, nella sua evoluzione, nella sua sfera ancestrale. L’anima panteistica della Terra, vista come organismo collettivo, un macroinsieme di essere viventi e materia in divenire incessante e infinito. Un macroinsieme che talvolta è in conflitto, talvolta in armonia. Le tracce del disco attraversano queste tematiche in modi più o meno latenti.
Dando un’occhiata al videoclip del brano, s’intende che la natura, la riscoperta della natura, costituisca un aspetto importante della tua ricerca e della ricerca che auspichi all’uomo di poter compiere”… è così?
L’io alienato contemporaneo, tecnologico e multimediale, è solo. L’unica via di fuga per ritrovare se stesso è il tornare a fondersi nella natura primordiale, nelle forze ancestrali di potenza che gli fanno riscoprire la sua parte spirituale, ovvero il suo essere insieme uomo e parte della natura. Nel video il protagonista cammina solo in una zona industriale deserta e priva di vita e di qualsiasi attività . E’ in una sorta di città delle macchine, che potrebbe essere stata abbandonata oppure vivere in un silenzio inumano incomprensibile. Per passare alla dimensione superiore, il nostro Io deve fare un salto sulle nuvole, sopra le nuvole. Da lì potrà osservare il mondo per quello che è in realtà : una natura multiforme e immensa, e fondersi con lei. L’occhio della soggettiva aerea è un macro che ci mostra che tutta questa bellezza è dentro di noi, già ci appartiene.
Di certo, la pandemia ha avuto il suo effetto sull’umanità anche dal punto di vista emotivo, sentimentale, umano”… che ruolo ha giocato per te la musica in questi anni duri? Qualcosa di simile, insomma, alla distruzione del Krakatoa nella sua parte più violenta, oppure la pandemia è davvero stata anche possibilità di rinascita?
Secondo me entrambe le cose. Come l’eruzione del Krakatoa la pandemia ci ha costretti a ripartire da zero, ci ha sconvolto, messo a dura prova, minato le nostre certezze e la nostra pretesa di avere come specie il controllo del pianeta e della natura. Però è stata anche un’opportunità . Abbiamo ritrovato i nostri limiti, le nostre debolezze, e abbiamo imparato a apprezzare cose che davamo per scontate. E’ innegabile che la pandemia ci ha insegnato molto, ci ha riportato a una dimensione “umana”.
Lasciaci con un consiglio utile a comprendere davvero, fino in fondo, il significato del tuo nuovo singolo.
Krakatoa mostra l’essere umano nel suo hic et nunc, nel suo essere immerso nel tempo presente, transeunte, puntiforme. Geolocalizzato. Una condizione di alienazione contemporanea che può essere superata solo attraverso la fusione dell’Io con la Natura. Ci sentiamo soli, di fronte all’abisso della Natura, chiamati alla responsabilità di essere custodi di questo pianeta. Ma siamo liberi: esseri senzienti in grado di scegliere, dotati di libero arbitrio. Questo è il nostro destino.