Cambia pelle Tor Maries in arte Billy Nomates e dopo un esordio roccioso e minimale si trasforma, diventando un’artista diversa nel secondo album “CACTI”.
Dodici brani che mettono in mostra il lato più melodico del progetto, frutto del lavoro di un anno, composti principalmente sull’amato sintetizzatore M-Audio ma ideati anche con l’aiuto di una chitarra acustica, rielaborati e cesellati con cura maniacale e poi completati agli Invada Studios di Geoff Barrow. Quaranta minuti che non lasciano certo indifferenti.
“balance is gone” poggia apertamente su una linea di chitarra aggressiva, una ruvida drum machine, un testo introspettivo (“My inner peace is broken into five / I meditate, but I am not alive“) e un ritornello tenace cantato con rabbiosa nonchalance. “black curtains in the bag” è più malinconica, fragile, tutta tastiere e suoni lievemente distorti, un approccio personale e delicato all’elettro pop molto diverso dal tono di “blue bones (deathwish)” che dietro l’apparenza giocosa e un video con tanto di balletto che potrebbe far concorrenza a quello ormai iconico di Mercoledì Addams nasconde ferite che Tor Maries condivide con profonda autoironia.
La title track riporta al minimalismo del primo album in veste meno furiosa e più inquietante, gotica, tra Cramps e Suicide. “saboteur forcefield” e “roundabout sadness” rappresentano alla perfezione il nuovo corso inaugurato con “CACTI”: ballata agrodolce in odor di synth pop la prima, mentre organo e vulnerabilità caratterizzano la seconda. Saccheggiando l’ampio parco strumenti a disposizione negli Invada Studios Tor Maries si mette a nudo e l’incontro col produttore James Trevascus (Nick Cave, PJ Harvey) si rivela fondamentale soprattutto in brani come l’impertinente “spite” e “fawner” dove in sottofondo spunta la chitarra acustica e il tasso melodico è altissimo.
Il termine popstar è forse esagerato se accostato al nome Billy Nomates ma col tempo potrebbe diventarlo in un modo tutto suo. Rappresenta ancor più che in passato l’anello di congiunzione fra mondi lontani tra loro, quello pop e quello alternativo, senza rinunciare a sonorità più decise in una “same gun” ritmata e minimale e in “vertigo” che ricorda gli amici Sleaford Mods. La crescita di Tor Maries in quest’album è enorme sia dal punto vocale ““ non solo spoken word ma cantato puro ascoltare per credere “apathy is wild” e “blackout signal” ““ che di arrangiamenti. Talentuosa e volitiva, è riuscita a non farsi etichettare superando brillantemente la prova del disco più difficile.