Tom Verlaine era la chitarra più obliqua e tagliente, quella che amava sperimentare e divagare in territori meno conosciuti e battuti, rispetto a quelli dove, solitamente, spaziavano band e artisti che si esibivano al CBGB, mentre, invece, Richard Lloyd era la chitarra più rockeggiante, morbida e melodica, alla quale si univano la batteria di Billy Ficca e il basso di Fred Smith per dare vita a quel mondo sonoro, oscuro, crudo e malinconico – ma sempre intriso di pura ed indomita energia punk-rock – che erano i Television.
E così, ogni notte, le loro creature musicali, irregolari ed oblique, prendevano, magicamente, vita ed iniziavano a vagare per le strade della metropoli, tentando di esorcizzare tutte le ossessioni, le coscienze sporche, i torti, le ombre, le micidiali manie ed i pericolosi fantasmi che depredavano le persone dei loro sogni e dei loro sentimenti più puri e incontaminati. Il cuore dissonante di “Elevation”, la dinamicità ritmica di “Guiding Light”, le chitarre tese ed ammalianti di “Venus” e soprattutto l’anima irrequieta e romantica di “Marquee Moon” permettono, ancora oggi, di scovare e comprendere tutto ciò che è nascosto sotto la pioggia scrosciante, al di là dei rumori caotici e delle luci abbaglianti delle città-alveare e ben oltre le increspature virtuali che alterano, sempre più frequentemente, la nostra realtà. In quello spazio, apparentemente vuoto e silenzioso, abbiamo, invece, la possibilità di baciare la morte e, allo stesso tempo, constatare, in maniera diretta e viscerale, quanto possa essere forte, stretto e intenso l’abbraccio della vita. E’ un legame che va assolutamente protetto, è questo il messaggio che risuona nei testi di Tom Verlaine, un messaggio d’amore che ci sprona ad esibirci, a mantenere le promesse fatte, a seguire le rime invisibili che attraversano il tempo, le generazioni, i modelli sociali ed economici più complessi e contraddittori, rimettendo, sempre e comunque, l’uomo e la sua parola al centro di ogni discorso, di ogni narrazione, di ogni processo, di ogni canzone, di ogni evento, di ogni esperimento.
L’ultima parola, infatti, è la parola perduta. ‘The last world is the lost world‘ e il nostro compito deve essere quello di recuperarla, di salvarla dall’oblio delle politiche di consumo e di far sì che essa ritorni a risuonare, con tutta la sua inarrestabile veridicità, in quelle stanze, intime e profonde, che conservano i nostri ricordi, le nostre emozioni, le nostre prospettive, la nostra umanità. Non c’è niente fuori posto qui, Venere ci accoglie con gentilezza; il suo sguardo, le sue mani, il suo corpo sono una droga che fa male, una droga che ci permette di sputare fuori ogni dolore, ogni delusione, ogni paura e ogni bugia e di liberarci, di conseguenza, dal male, dalla rabbia, dall’odio e da tutto ciò che ci invita a rinunciare a noi stessi e vestirci, comportarci, vivere, pensare, amare o parlare come ci viene “suggerito” dai padroni, dai tutori dell’ordine, dai nuovi e vecchi media, dai guardiani della religione, da tutti coloro si ergono a custodi della verità, della morale e della giustizia, tutti quelli che non hanno mai baciato la morte e quindi mai abbracciato la vita.