You don’t want to repeat yourself, but you have your style
Comincia con una dichiarazione d’intenti l’ottavo album dei dEUS, il primo in più di dieci anni. L’eleganza e il non voler ripetere quanto fatto in passato sono la perfetta cifra stilistica della band belga versione 2023 in dodici brani dove Tom Barman passa con scioltezza dal cantato allo spoken word dirigendo con mano ferma una formazione che oltre all’immancabile Klaas Janzoons comprende ormai in pianta stabile Stéphane Misseghers, Alan Gevaert e Mauro Pawlowski.
L’inizio affidato alla title track è dark e intenso, un crescendo quasi marziale e un finale orchestrale con archi fiati e tromba, un mix tra il puro stile dEUS e i progetti paralleli di Tom Barman, i TaxiWars in particolare. Differenti ma entrambi orecchiabili i due singoli: il ritornello noir pop a presa rapida di “1989″ con la voce di Lies Lorquet e “Must Have Been New” dove spunta la chitarra armonica e avvolgente di Bruno De Groote separati dalla sarcastica “Man Of The House” trascinata dalle chitarre elettriche e dal synth di un ospite di lusso come Sebastiaan Van Den Branden in un assalto selvaggio e ribelle. Completamente diversa l’atmosfera di “Faux Bamboo” tutta all’insegna delle tastiere e di un falsetto appena accennato.
“How To Replace It” è un disco maturo anche nei testi – quello di “Dream Is A Giver” o della grintosa “Pirates” solo per fare un esempio – e non rinuncia a momenti sperimentali come “Simple Pleasures”. Cinquantasei minuti nati non dalla solita serie di prove ma da jam session più brevi completati poi dal solo Barman che vanno a comporre un album complesso, per nulla immediato ma vario nel sound e negli arrangiamenti. Avrebbero potuto tagliare qualcosa? Forse si, ma perché privarsi del ritmo dinamico di “Never Get You High” o del basso e dei sintetizzatori, delle percussioni di “Why Think It Over (Cadillac)” che promette di essere divertente se suonata dal vivo?
La dolce e brutale onestà di “Love Breaks Down” e “Le Blues Polaire” dall’anima maudit tutta in francese completano un quadro confortante. “How To Replace It” mette insieme molte influenze in un unico lavoro: con lo stesso materiale questi signori di Anversa avrebbero potuto fare almeno due album, riescono invece ad amalgamare il tutto con lucidità.
I dEUS sono una band rinata come in tanti hanno affermato? Sicuramente si e tornano con un disco moderno, multiforme, coraggioso in tempi di musica dal consumo rapido o rapidissimo.