5 marzo 2023, ottant’anni fa nasceva Lucio Battisti. Discografia immensa e variegata la sua. E’ complicatissimo e quasi impossibile ripercorrerla in soli dieci brani, dovendo inoltre provare a rappresentare il periodo Mogol e quello più sperimentale legato a Pasquale Panella. Un tentativo comunque va fatto in onore di un artista che è uno dei cardini della musica italiana.
BONUS TRACK – 29 Settembre 1969, da “Lucio Battisti”Dove tutto è cominciato: l’esordio omonimo che tanta fortuna ha portato a Battisti. “29 Settembre” immancabile grande classico che ha conquistato generazioni di appassionati e ammiratori.
10. Dio mio no 1971, da “Amore e non amore”Basta il titolo come ha detto più volte Mogol per sintetizzare toni e temi di “Amore e non amore” che aveva anche un tratto fortemente ambientalista. Il fulcro dell’album erano quei rapporti uomo – donna che in “Dio mio no” prendevano pieghe inedite per l’epoca. Sul brano si accanì la scure della censura, l’arrangiamento resta attuale ancora oggi.
9. Respirando 1976, da “Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera”La chitarra di “Respirando” col suo gusto spagnoleggiante e quasi da flamenco non è forse quello a cui tutti pensano quando menzionano “Lucio Battisti, la batteria, il contrabbasso, eccetera” però chissà quanti musicisti hanno provato a imitarne le mosse imparando a suonare.
8. La moda nel respiro 1994, da “Hegel”Ultimo periodo, ai testi Pasquale Panella. “Hegel” come del resto “La Sposa Occidentale” e tutta l’evoluzione di Battisti da metà anni ottanta in poi sarà sempre controversa ma è innegabile il lavoro di ricerca sia formale che musicale. Il falsetto de “La moda nel respiro” è uno dei momenti in cui un album fatto di equilibri fragili trova una sua dimensione sentita e riuscita.
7. Amore Mio Di Provincia 1980, da “Una giornata uggiosa”Uno degli album prodotti da Geoff Westley a Londra. Il brano che dà il titolo al disco è certamente più famoso ma “Amore Mio Di Provincia” non va assolutamente trascurata, trascinante, tenace, evocativa com’è. Un Battisti che inizia ad abbracciare tastiere ed arrangiamenti complessi senza perdere immediatezza.
6. Una Donna Per Amico 1978, da “Una donna per amico”Per la serie grandi classici, “Una donna per amico” che dava il titolo all’omonimo album. Un manifesto di stile e di vita fin dalle prime note sussurrate, canticchiate, accompagnate poi da un testo tra i più maturi scritti da Mogol fino a quel momento.
5. Macchina Del Tempo 1974, da “Anima Latina”L’eccitazione è un sintomo d’amore
Al quale non sappiamo rinunciare
Le conseguenze spesso fan soffrire
A turno ci dobbiamo consolare
Dentro “Anima Latina” c’erano anche le mille evoluzioni della splendida “Macchina Del Tempo” capace di passare nell’arco di ben sette minuti dal funk tutto basso e percussioni alla dolcezza della chitarra acustica all’asprezza delle tastiere con un testo – sempre di Mogol – che abbandona il ritornello per diventare flusso di coscienza infinito.
4. E Penso A Te 1972, da “Umanamente uomo: il sogno”Tra “La Canzone Del Sole” e “I Giardini Di Marzo” alla fine la spunta la fulgida malinconia di “E Penso A Te” altra perla della coppia Battisti – Mogol tratta da “Umanamente uomo: il sogno”. Un disco ben più complesso e sfaccettato dei tre – quattro brani più noti ma capace di regalare emozioni con semplicità tra canzoni scherzose ed esperimenti kraut rock (“Il Fuoco”) decisamente avventurosi.
3. La Luce Dell’Est 1972, da “Il Mio Canto Libero”1972 anno d’oro per Battisti che pubblica anche “Il Mio Canto Libero” dove oltre alla famosissima canzone che dà il titolo all’album c’era anche “La Luce Dell’Est”. Sei minuti di vera poesia tra arpeggi di chitarra, violini, un crescendo lento e inesorabile.
2. Le Cose Che Pensano 1986, da “Don Giovanni”A te che sei il mio presente
a te la mia mente
e come uccelli leggeri
fuggon tutti i miei pensieri
Torniamo per un attimo al periodo Battisti – Panella per recuperare “Le Cose Che Pensano” tratta dal “Don Giovanni”, primo album ideato dai due. Unico caso in cui è nata prima la musica e poi i testi. L’inizio della seconda vita musicale di un artista che non aveva paura di rischiare e non voleva certo restare imprigionato nel passato.
1. Amarsi un po’ 1977, da “Io tu noi tutti”Il primo posto va all’album americano, “Io tu noi tutti”. Il giro di basso di “Amarsi un po’” ha fatto scuola accompagnando degnamente un altro manifesto di vita e d’intenti. Un disco corale, vero lavoro di squadra, con ospiti di lusso e un testo semplice e introspettivo.
Amarsi un po’
È un po’ fiorire
Aiuta sai
A non morire