Ritroviamo con sommo piacere i cari Hundred Reasons a ben 16 anni dal precedente “Quick the Word, Sharp the Action”. Impossibile dimenticare quel micidiale esordio che rispondeva al titolo di “Ideas Above Our_Station” datato 2001. Poi la band, nelle uscite successive, non era riuscita a mantener il livello qualitativo, espresso in un disco che davvero definiva in modo importante le caratteristiche del post-hardcore anni 2000. Non era facile, dobbiamo dirlo, perché in quel primo album tutto filava alla perfezione, un orologio svizzero senza alcuna imperfezione o intoppo.
Come sono ora gli HR? Beh, lasciate che ve lo dica con grande sincerità…non sono affatto male. Meno rabbiosi, ma l’età passa per tutti e placa, in parte, l’impulsività, ma lo sguardo e il mood “più maturo”, se vogliamo definirlo così, non sono sinonimo di ardori spenti, tutt’altro, trasformati forse, modellati certo, ma ancora vivi e dannatamente empatici.
Gli HR del 2023 sono un gruppo che sa ancora costruire alla perfezione canzoni epiche e coinvolgenti, figlie di un brit-rock potente e trascinante, che ha mantenuto i tratti “anthemici” propri del loro stile, con chitarre cariche, un forte impianto ritmico ma sopratutto la voce inconfondibile di Colin Doran, che sicuramente piazzerà meno urli rispetto al passato ma non ha perso un briciolo di personalità e credibilità.
Ne risulta quindi un disco sincero, con uno spirito intenso ed emozionante, piacevole per chi amava gli HR, perché sostanzialmente è quello che vorremmo sempre sentire da loro, con questi corettoni da cantare a voce alta e il pugno alzato…ma in fin dei conti, direte voi, questo accadeva anche con i dischi precedenti, no? Certo, ma ad intermittenza, mentre in questo nuovo album la scrittura della band si mantiene su un buon livello per tutta la durata del disco, non facendo calare la nostra attenzione anche nei pezzi meno d’impatto (“Insultiment” ad esempio), o, anzi, sorprendendoci con una composizione ricca di archi come “Replicate”, quasi commovente, a modo suo.
“The Old School Way” non è solo il titolo di una (bella) canzone del disco, è proprio quello di cui avevamo bisogno. Non ci ci stanca mai di dischi così. Col cazzo che le chitarre sono morte.