Credit: Titus Simoens

Maarten Devoldere non è solo il cantante, chitarrista e tastierista dei Balthazar, ma ha anche un progetto solista, Warhaus, con cui ha pubblicato già tre album, l’ultimo dei quali, “Ha Ha Heartbreak”, è uscito lo scorso novembre via PIAS. Scritto dopo la rottura con la fidanzata, il disco è stato registrato in una camera di hotel a Palermo, usando solo chitarra e voce: in seguito sono stati aggiunti altri strumenti e il risultato è diventato decisamente più ricco rispetto a quanto il musicista belga aveva inizialmente programmato. Devoldere sta portando la sua nuova fatica in tour in Europa e giovedì 9 marzo passerà anche per l’Italia con una data al Circolo Magnolia di Segrate (MI). Noi di Indieforbunnies.com abbiamo approfittato di questa occasione per scambiare due chiacchiere con lui via Whatsapp e farci raccontere del suo nuovo LP, del suo ritorno in Italia, di Palermo di e molto altro. Ecco cosa ci ha detto:

Ciao Marteen, come stai? Per prima cosa ti chiedo quali sono le tue aspettative per il concerto di Milano della prossima settimana.
E’ ormai da tanti anni che veniamo a suonare in Italia, ho suonato tante volte da voi con i Balthazar e anche con questo mio progetto. Sono davvero contento di tornare e sono sicuro che sarà bello. Mi piace molto la città di Milano.

Questo progetto è iniziato già qualche anno fa e hai realizzato due album con questo moniker, ma lo scorso novembre è uscito anche il tuo terzo LP: posso chiederti che cosa hai fatto con Warhaus negli ultimi anni? Questo progetto quanto si è evoluto nel corso degli anni?
Ho preso un break perché ho registrato ben due dischi con i Balthazar. Per quanto riguarda l’evoluzione credo che questo nuovo disco rappresenti il me più vecchio di cinque anni. Penso che questo sia il mio album più vulnerabile e onesto. E’ un album difficile dopo una rottura di un rapporto. Credo che fosse il momento giusto per farlo viste le circostanze. Da artista credo che il suono cambi perché sei influenzato da nuove cose che vedi, quindi è successo in maniera organica.

Come mi hai appena detto “Ha Ha Heartbreak” è un disco scritto dopo la rottura di un rapporto, quindi è piiù personale e probabilmente è stato difficile scriverlo. Posso chiederti se è stato anche terapeutico per te scrivere di ciò che stava succedendo e rifletterci sopra?
Non so se fosse terapeutico, ma come artista le cose capitano nella vita e tu vai avanti. Comunque credo che la musica sia sempre una terapia: se fossi andato in vacanza con la mia ragazza, non avrei potuto scrivere e sarei stato piuttosto triste. Se posso creare sono contento, ma non credo che ciò mi abbia aiutato per superare la rottura.

Il disco è stato fatto a Palermo: posso chiederti come mai hai deciso di andare in Sicilia a registrarlo?
E’ una coincidenza. Per i dischi precedenti ho sempre cercato di entrare in una specie di isolamento: per questo disco è stato un mio amico a suggerirmi di andare a Palermo perché é una bella città. Ho comprato il biglietto, ma non c’era un piano vero e proprio. Ho scoperto che Palermo è una città romantica e affascinante, ma c’è anche qualcosa di nostalgico ed è qualcosa che ha anche il disco, che è molto romantico, ma allo stesso tempo ha parecchie sensazioni nostalgiche al suo interno. Non era una cosa programmata, ma credo che Palermo abbia trovato un modo per entrare nel mio songwriting.

Credi dunque che la città possa aver influenzato il tuo sound?
Sì, ma è l’energia che c’è nell’aria. Quando ho registrato il mio album ero sempre in una stanza di hotel e non ho avuto molto tempo per visitare la città, praticamente uscivo solo per prendere da mangiare. Circa un anno dopo sono ritornato a Palermo con degli amici per fare delle foto e registrare qualche video e, quando sono andato in giro, mi sono accorto quanto è bella. La prima volta ero troppo coinvolto nel processo di registrazione del disco.

Sai che ad agosto c’è un bellissimo festival a Castelbuono, vicino a Palermo, l’Ypsigrock, dove ogni anno si esibiscono tante band internazionali?
Sì, lo conosco. Ci ho suonato con i Balthazar.

Ho letto che all’inizio del tuo processo creativo, la tua intenzione era di scrivere qualcosa di molto intimo in stile cantautorato, poi hai incontrato il produttore Jasper Maekelberg e lui ti ha aiutato ad aggiungere ulteriori strati alla tua musica, utilizzando strumenti come batteria, piano, archi e altro. Come hai detto il risultato è nostalgico, ci sono influenze ’70s e anche dance. C’è un atmosfera leggera e in alcuni casi anche giocosa.
Sono tornato da Palermo, dove avevo registrato i miei demo che erano solo di chitarra e voce. Lui mi ha consigliato di mantenere i vocals dei demo anche sul disco e poi abbiamo iniziato ad aggiungere arrangiamenti utilizzando strumenti quali batteria e archi. Normalmente funziona nella maniera opposta, prima registriamo la musica e poi i vocals, ma in questo caso lui ha voluto mantenere le sensazioni di intimità dei demo. Ci è sembrato bello avere il contrasto con questi archi affascinanti e tutto il resto, così potevamo avere l’intimità da una parte e qualcosa di entusiasmante dall’altra.

Posso chiederti da dove proviene il nome Warhaus? E’ una parola tedesca?
Il primo disco di Warhaus l’ho registrato in un piccolo studio all’interno di una barca qui a Gent. C’è anche un breve documentario su Youtube che si chiama “I’m Not Him“, dove puoi vedere il processo. Su questa barca qualcuno aveva scritto “Warhaus” su un muro e questo nome mi ha intrigato molto. E’ qualcosa che ha catturato la mia attenzione e allora ho deciso di chiamare questo progetto Warhaus. Non so cosa significhi, per me è un nome.

Il tuo disco è stato realizzato dalla PIAS, che è un’ottima indie-label, con cui già lavori con i Balthazar: come ti trovi con loro?
Abbiamo lavorato con loro sin dall’inizio e quindi non so come funzioni con le altre label. Mi trovo molto bene, sono indie, ma allo stesso tempo molto internazionali. Ci apprezzano e sia con Warhaus che con i Balthazar ci sentiamo davvero amati e apprezzati. E’ una bella famiglia.

Posso chiederti se ci sono novità sul fronte dei Balthazar?
No, è presto. Sto già scrivendo, ma voglio prendermi il mio tempo. Ogni volta voglio che il prossimo disco sia migliore del precedente, quindi c’è bisogno di scrivere molto, ma suoneremo live ancora per tutto l’anno.

Un’ultima domanda: per piacere puoi scegliere una canzone di Warhaus, vecchia o nuova, da utilizzare come soundtrack di questa nostra chiacchierata?
Prendi “Open Window”, la prima traccia del nuovo album. Credo che sia una buona introduzione alla mia musica.

Grazie mille, Maarten. In bocca al lupo per il tuo concerto a Milano! Spero di incontrarti qui in Italia magari con i Balthazar o con il tuo progetto quando tornerai ancora in Italia.
Spero di sì. Grazie a te.