Tuoni poderosi accompagnano la venuta degli Animaux Formidables nel cuore sotterraneo del XXXV Live Club di Cava de’ Tirreni, le loro pulsanti trame dicotomiche palesano quella che è un’energia viscerale e liberatoria intrisa di ritmiche ossessive, sferzanti e punkeggianti, ma contemporaneamente, trasmettono una purificante e sincera passione al pubblico presente in sala, spronandolo a riflettere su tutto ciò che è, spesso, solo grigia quotidianità e consacrandolo alle divinità ancestrali e selvagge del rock elettrico e distorto.
Una sorta di incantesimo musicale ha fatto sì, infatti, che, per una notte, il suono magico e roboante del leggendario Mjollnir esplodesse dalle profondità della suggestiva valle metelliana ed assumesse la consistenza di intrecci ed architetture caleidoscopiche ed eterogenee capaci di porre ciascun ascoltatore al centro di una dimensione fantastica e tarantiniana alla quale contribuiscono elementi diversi, a volte lontani tra loro, ma assemblati in maniera tale da amplificare a dismisura quello che è il loro singolo contenuto emotivo: dal surf-rock al rock psichedelico, dal noise-rock ad un vivido, amorevole e salvifico garage-rock.
Un garage-rock che scava, ovviamente, nelle vecchie cose, nella bellezza di un passato mitico che, ormai, è al di fuori di ogni tempo ed ogni spazio, restando, però, consapevole del fatto di vivere in questo presente; un presente nel quale necessità di riflettersi, un presente del quale sfrutta i modelli estetici per evidenziarne tutte le falsità e le contraddizioni, nonché quelle slealtà, di cui cantano gli Animaux Formidables. Slealtà che, sempre più frequentemente, condizionano ed avvelenano i rapporti umani, siano essi affettivi, amicali, familiari o lavorativi. Tutti pretendiamo, tutti bramiamo, tutti chiediamo ciò di cui abbiamo bisogno per soddisfare le nostre necessità – fisiche e spirituali – e sentirci, finalmente, appagati. Ma tutti esigiamo senza voler sacrificare nulla, celando quelle che sono le nostre verità intime e proponendo una raffigurazione puramente mediatica e virtuale di noi stessi, del nostro mondo, dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti. Ed alla fine, pur frequentandoci, pur vivendo uno nella vita dell’altro, pur spingendoci uno nella carne e nell’anima dell’altro, noi non ci conosciamo, restiamo costantemente estranei, diffidenti e prigionieri delle nostre paure più irrazionali.
“Can we show our faces now?“
L’interrogativo che ci tormenta è e rimane ancora lo stesso, ma fino a quando sarà così?