Primo album solista per Gina Birch delle The Raincoats, un disco che segue a stretto giro di posta l’uscita del singolo “Feminist Song” pubblicato per festeggiare l’apertura del negozio londinese della Third Man Records.
C’è proprio l’etichetta di Jack White dietro la pubblicazione degli undici brani contenuti in “I Play My Bass Loud” un collage di suoni, immagini, intenzioni e buone vibrazioni.
Registrato da Martin “Youth” Glover dei Killing Joke, il disco è stato realizzato con la partecipazione di Thurston Moore e vede Gina Birch avventurarsi in territori familiari e meno familiari tra il buon impatto melodico della title track, i toni ambient di “And Then It Happened” e “Big Mouth”, l’elettro pop di “Pussy Riot”. Non manca certo quella rabbia gioiosa e sfrenata che ha sempre caratterizzato la scrittura della Birch ben evidente in “Wish I Was You” che sfiora il power pop più ingegnoso e nella già citata “Feminist Song”.
La vera sorpresa di “I Play My Bass Loud” è il gran numero di pezzi che vedono Gina Birch alle prese con l’elettronica più o meno ritmata ai confini con il dub – la minacciosa “I Will Never Wear Stillettos”, “Digging Down” e “Let’s Go Crazy” giusto per fare qualche esempio – come a voler rimarcare la differenza tra quest’album solista e quanto fatto in passato oltre che retaggio degli anni passati componendo demo con il software Logic Pro 9. “I Am Rage” ricorda invece i Throwing Muses nella loro forma più distorta e incisiva ed è insieme a “Dance Like A Demon” uno dei brani più convincenti del lotto.
La nuova vita di Gina Birch comincia con il piede giusto, distillando sapientemente anni d’impegno politico, musicale, artistico in chiave volitiva e vivace. L’impeto di questa signora che ai tacchi a spillo preferisce e preferirà sempre le scarpe basse di vernice rossa o i Doc Martens è quello di sempre, indomito e sbarazzino senza compromessi.