Da Bologna arriva il garage rock sporco, essenziale e punkeggiante dei CUT, veterani della scena alternativa italiana in attività già da un quarto di secolo. “Dead City Nights”, il loro nuovo album, di certo non fa urlare al miracolo ma convince a pieni voti con un sound grezzo, genuino e gonfio di lurida energia, fedele ai canoni del genere e alle lezioni dei grandi del passato.
I punti di riferimento, tuttavia, sono tanti e assai diversi tra loro, visto che nella musica dei CUT si possono riscontrare echi più o meno lontani di The Sonics, The Stooges, Cramps, Gang Of Four, The Jesus Lizard e Radio 4.
A guidare i giochi sono le chitarre elettriche di Ferruccio Quercetti e Carlo Masu, autori di riff ruvidi e taglienti che si intrecciano tra loro creando trame sempre interessanti. L’assenza del basso si avverte ma non pesa troppo, anche perché la batteria di Tony Booza copre da sola in maniera più che egregia il lato ritmico del disco.
“Dead City Nights”, fedele al suo titolo, è un lavoro scritto per far da colonna sonora alle notti di una città morta. Attenzione però: la metropoli dei CUT non è un luogo esanime, bensì una terra di nessuno per individui ipereccitati alla ricerca del pericolo e di emozioni forti. È un groviglio di vicoli puzzolenti dove dominano il caos, la violenza, la lussuria e il divertimento.
Un’esplosione di decadente bellezza e rozza vitalità che sembra fare il verso ai minuscoli universi che si nascondono sotto i celebri portici bolognesi, dove pilastri rovinati da graffiti e pisciate reggono da secoli un patrimonio di arte e cultura protetto persino dall’UNESCO. Un ottimo mix di classe e cattiveria che consigliamo a tutti gli amanti del garage rock. Originale o revival che sia.