da mail kinda agency
Credit: Press

E’ uscito a fine marzo “Sinking Ships” degli Alberta Cross ed è un  nuovo inizio, una vera rinascita per una band attiva dal 2005 che si è sempre divisa tra Inghilterra e Stati Uniti trovando prima oltreoceano e poi anche in Europa un pubblico affezionato ed attento. Abbiamo raggiunto via mail il frontman Petter Ericson Stakee in un momento di pausa tra le numerose date del tour per farci raccontare come e dove sono nate queste canzoni. Ecco quello che ci ha detto.

Ciao Petter e congratulazioni per il nuovo album. Hai registrato “Sinking Ships” ai The Wool Hall Studios in Inghilterra. Com’è stato lavorare lì, lo studio funziona di nuovo a pieno regime dopo aver rischiato di chiudere ed essere veduto?
Grazie!! E’ bello aver pubblicato un nuovo disco! Si, il mio produttore – Luke Potashnick – ha preso in gestione i The Wool Hall qualche anno fa e al momento viene usato soprattutto dagli artisti che lavorano con lui. E’ un sontuoso edificio in pietra al centro di un antico, bellissimo villaggio nel Somerset. La storia dello studio è incredibile, i The Smiths hanno registrato lì il loro ultimo album, i Tears For Fears i loro dischi più venduti e Van Morrison e Joni Mitchell. La lista potrebbe continuare e la sensazione che si prova tra quelle mura lo dimostra. Splendido il sound, incredibile l’atmosfera.

Perché hai scelto “Sinking Ships” come titolo se posso chiedertelo?
E’ un titolo abbastanza simbolico e metaforico, fa venire in mente belle immagini. Ma si, chiaramente il senso  si scopre ascoltando la title track e il testo. Voglio che le persone che sentono la mia musica possano farsi una propria opinione sul significato di ogni canzone, di solito però cerco di chiarire quello che vogliono dire per me. Chiaramente la salute mentale era un tema importante in molti dei brani chiave come “Mercy”, “Sinking Ships” e  “Glow In The Dark” ma ce ne sono molti altri.

“Vespertine” e “Bloom” sono state scritte mentre mi stavo divertendo a Berlino, parlano di cosa vuol dire far tardi e godersi la vita ad esempio, in “Near Misses And Defeats” invece ci sono io che mi sveglio nella piscina a casa di un mio amico a Hollywood dopo aver fatto le ore piccole, sentendomi come se tutto stesse andando al rallentatore, la prospettiva cambia spesso e non è assolutamente un disco in cui vedo tutto nero haha.

“Morning Drum” è un brano molto particolare, dall’anima un po’ dark. Come è nato?
E’ una canzone che ho iniziato a scrivere mentre vivevo a Berlino durante un inverno terribile e lunghissimo con un cielo grigio e pesante per circa sei mesi. Il testo parla anche dell’Europa dell’Est dove ero appena andato in tour. E’ stato sorprendente e incredibile, mi ha veramente aperto gli occhi vedere alcuni di quei paesi per la prima volta. [Petter Ericson Stakee si riferisce al tour nei Paesi Baltici del 2018 con date in Estonia e Lituania ndr]

Tornando a “Glow In The Dark” e “Vespertine”, dicevi che erano state scritte a Berlino? Effettivamente ascoltando l’album avevo pensato che avessero qualcosa in comune …
Hai ragione! Si sono due delle canzoni meno recenti del nuovo album. Vengono da una delle prime session con Luke e credo che le parti di pianoforte e la maggior parte delle melodie siano state scritte a Berlino.

“Near Misses And Defeats” è stata pubblicata per la prima volta in “What Are We Frightened Of?” l’album che hai fatto uscire nel 2020. Riproporla oggi è un modo per creare un legame tra quel disco e “Sinking Ships”?
Si, certo, di sicuro. Volevo pubblicare una versione completa del brano, quelle che si sentono nel mio ultimo album – “What Are We Frightened Of?” – sono parti tagliate e separate tra loro quindi ho pensato che fosse una buona idea far uscire la versione integrale. Serve a mantenere un buon ritmo in “Sinking Ships” credo.

I primi album di Bon Iver sono stati una fonte d’ispirazione mentre scrivevi “Bloom”?
Non credo ma amo alcune canzoni di Bon Iver e lo prendo come un bel complimento. Veramente pensavamo più agli LCD Soundsystem

“Every Time The Sun Comes Up”, cover di Sharon Van Etten,  è la traccia che hai scelto per chiudere il disco. Perché proprio questa bellissima, delicata canzone tratta da “Are We There”?
Sharon van Etten è splendida. Una delle migliori cantautrici contemporanee questo è sicuro. E’ successo tutto per caso se devo essere onesto. Le ho mandato uno dei dischi a cui stavo lavorando e lei mi ha scritto dicendo che le era piaciuto il mio nuovo singolo che credo fosse “Find A Home Out There”, l’avevamo appena pubblicato. Mi sono emozionato sapendo che le piaceva la mia musica e il giorno dopo l’ho detto a Luke in studio, abbiamo parlato di fare una cover solo per divertirci, quel brano ci ha colpito subito. Era perfetto, sia la musica che il testo. Non pensavamo di pubblicarlo ma alla fine era venuto troppo bene e l’abbiamo fatto.

Hai suonato a Londra, In Olanda e suonerai a Berlino nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Ci sono altre date previste magari in estate?
Si assolutamente! Ho molta voglia di suonare e spero di poter andare in tour al più presto. So che ci saranno alcuni festival e diverse date nei locali subito dopo … Trovatemi un concerto in Italia e ci sarò haha!