È davvero un déjà vu elettrico quello che ci viene proposto dai Punkreas. E non solo perché il loro precedente lavoro, “Funny goes acoustic” del 2021, era una raccolta di vecchi classici rivisti in chiave acustica. Un senso di già vissuto circonda i trentacinque minuti di “Electric Déjà-Vu”. Ritornano le distorsioni, ritorna l’energia necessaria a far scoppiare il pogo durante i concerti. Ma soprattutto torna il consueto mix tra punk rock melodico e ska.
Due generi che la band di Parabiago conosce benissimo e che non ha alcuna intenzione di abbandonare, nonostante pare siano trascorsi secoli dai tempi in cui questo stile di musica era in grado di attrarre frotte di ascoltatori. Il disinteresse per le mode e le tendenze del momento è totale: il suono dei Punkreas sembra essere rimasto fermo alla seconda metà degli anni ’90.
I testi, invece, sono stati scritti con una consapevolezza piena dell’epoca oscura in cui questo paese è precipitato. Tanti i temi trattati nelle liriche velenose di Cippa: si passa dal dramma del lavoro povero cantato con il romano Giancane in “Dai Dai Dai (Die Die Die)”, un bel duetto sulle fatiche di un rider sfruttato, all’altrettanto penosa esplosione di complottismo, razzismo e ignoranza che ha travolto un’Italia sempre più stanca e indifferente (“Battaglia persa”, “Disagio”, “Uomo Medioevo”).
Fa piacere ritrovare gruppi impegnati politicamente, pronti a denunciare le varie storture che affliggono il mondo. I Punkreas però non sono più dei ragazzini, anzi; sono sulle scene dalla fine degli anni ’80. Sarebbe fantastico ascoltare artisti giovani capaci di produrre dischi con contenuti simili a quelli di “Electric Déjà-Vu”: testi tanto semplici quanto profondi, in grado di farci pensare. E invece ci toccano versi come Eravamo da me, abbiamo messo i Police/Era bello finché ha bussato la police.
Lamentele da vecchio trombone inacidito? Può darsi. A volte però è cosa buona e giusta cedere alla nostalgia per i bei tempi che furono, soprattutto per quanto riguarda la musica (indie o mainstream che sia). Lo fanno anche questi Punkreas, saggi e maturi, in “Tempi distorti”.