L’intervista, nella sua forma originale, è presente sul numero di marzo 2023 di Rockerilla.
30 anni fa gli scozzesi Urusei Yatsura iniziavano il loro rumoroso percorso musicale, che andrà avanti fino al 2001. La sempre oculata Rocket Girl, per celebrare questo anniversario tutt’altro che di poco conto, ha ristampato il travolgente album d’esordio “We Are Urusei Yatsura”, aggiungendo pure un vinile bonus ricco di rarità e b-side di non facile reperibilità in formato vinilico. Il cantante/chitarrista Graham Kemp si è dimostrato molto contento di chiacchierare con noi su quel disco e sugli esordi della band.
Ciao Graham, come stai? Voglio iniziare con una domanda che sembra banale, ma che poi, pensandoci bene, forse non lo è affatto: come ti senti, dopo 30 anni, ad essere ancora qui a parlare dei Urusei Yatsura? Credo che questo fatto sia in realtà la prova che quel gruppo ha lasciato un segno importante. Cosa ne pensi?
Ciao Riccardo, tutto bene qui a Glasgow grazie. È fantastico che la gente sia ancora interessata alla band. Per me personalmente è stato un processo di riscoperta. Ho iniziato a ripescare vecchie registrazioni dal vivo e a condividerle su su Bandcamp durante l’isolamento da Covid e questo mi ha portato a costruire un archivio di registrazioni gratuite che ha continuato a crescere. Gli appassionati stessi poi mi hanno inviato le loro registrazioni e io le ho condivise con la comunità. Questo mi ha portato ad ascoltare cose che non sentivo da 20 anni ed è fantastico che anche tante altre persone abbiano voluto ascoltarle.
Forse non tutti sanno che il famoso Alex Kapranos, dei noti Franz Ferdinand, è stato una persona importante per i UY. Puoi parlarci di lui, di come l’avete conosciuto e di come ha interagito con voi nei vostri esordi?
Alex organizzava una serata al vecchio 13th Note bar di Glassford St. Quando avevamo appena iniziato a fare pratica insieme, nel 1993, Fergus venne in sala prove e disse di essere stato a parlare con Alex, che gli aveva detto che potevamo suonare lì. La politica di prenotazione al Kazoo Club era piuttosto libera: se avevi una band potevi salire sul palco e fare 20 minuti con l’attrezzatura del bar e ricevere un paio di drink gratis per il disturbo. I gruppi che suonavano nel club erano davvero casuali, sia per genere che per bravura. Siamo andati a fare il nostro primo set sgangherato e da quel momento in poi abbiamo trattato il Kazoo Club come il nostro personale luogo di ritrovo. Eravamo lì ogni martedì sera. Alex era un giovane vestito in modo elegante che si impegnava a fornire alle band un palcoscenico e un pubblico, era un’alternativa ai dilaganti spettacoli “a pagamento” dell’epoca. Abbiamo imparato a conoscere molto bene lui e la sua band, The Blisters. Loro hanno suonato alle nostre serate Kitten Frenzy quando abbiamo iniziato a espandere il nostro giro, promuovendo i nostri spettacoli a Glasgow. Ci ha accompagnato a Londra e a Leamington Spa quando abbiamo registrato il nostro primo album ed è sempre stato di grande supporto per noi. Ha persino scritto un’introduzione per il nostro disco “We Are Urusei Yatsura”, che è solo l’ultimo esempio del suo aiuto e del suo incoraggiamento. Sono stato davvero contento che abbia avuto un tale successo con i Franz Ferdinand. Il loro primo album fu una rivelazione quando lo ascoltai.
Glasgow è, per noi fan della musica indie-rock, una città magica: un luogo da cui provengono tante band che amiamo. Ma, all’epoca, le band di Glasgow si sentivano parte di una scena? O, almeno voi, vi sentivate abbastanza affini ad altri gruppi di allora da poter dire di essere parte di una scena?
Credo che negli anni ’90 ci fossero numerose “scene” a Glasgow. Una scena che si basava sulla scuola d’arte o una scena che partiva dal 13th Note. Giusto per citartene due. Noi stessi ci sentivamo un po’ degli outsider, ma suonavamo con molte band che ci piacevano a prescindere dalla scena in cui si trovassero. Avevamo la nostra fanzine Kitten Frenzy e scrivevamo di band Riot Girl, di gruppi chitarristici alt-rock statunitensi, gruppi art-rock che provenivano dalla scuola e noi stessi organizzavamo spettacoli con line-up piuttosto variegate. Pensa che abbiamo organizzato lo spettacolo in cui Bis firmarono con Chemikal Underground, per esempio. Ricordo che c’erano gli Spare Snare di Dundee, noi, i Bis e i Delgados. È stata una grande serata. Abbiamo creato buone amicizie con tutte queste band diverse e le abbiamo supportate dove abbiamo potuto. Si può sentire come, nella nostra canzone Siamese, facciamo il nome di tutti i nostri artisti preferiti: una testimonianza di chi ci piaceva all’epoca. Insomma vedi come la scena di Glasgow degli anni ’90 fosse caratterizzata da band così diverse tra loro senza un suono comune.
Come lavoravate tu e Fergus in quel periodo? Ognuno di voi aveva le proprie canzoni o c’era una comunità nella scrittura?
Quando abbiamo iniziato ho scritto praticamente tutto io, perché non avevo imparato abbastanza sulla chitarra da temere che quello che scrivevo fosse troppo primitivo. Mi sono ispirato molto ai Beat Happening e ai Fall e all’etica punk rock in generale, che consisteva nell’iniziare una band con i primi rudimenti musicali che conoscevi e vedere cosa succedeva. Fergus era un chitarrista davvero bravo e i primi anni eravamo noi a spingerlo a scrivere più canzoni. Quando suonavamo le mie canzoni in sala prove gli davo carta bianca per sperimentare molti approcci diversi e lui arrivava a 3 o 4 parti completamente diverse. Una poi fu straordinaria. La registrammo su cassetta e dicemmo: “Ecco, non dimenticatelo, questa è la canzone!” Ricordo ancora che fu lui a inventare completamente una parte di “First Day On A New Planet” il giorno in cui gli portai la canzone e che emozione quando la suonammo la prima volta. Mi sorprendeva sempre, era così adattabile. Alla fine ha iniziato a proporre sempre più canzoni e sono sempre state le nostre migliori. Entrambi portavamo una parte di chitarra e un testo e gli altri tre si occupavano fondamentalmente del resto, con piccoli aggiustamenti qua e là. Era tutto piuttosto libero e semplice e sapevamo che ognuno avrebbe di noi avrebbe prodotto e aggiunto qualcosa di buono.
Prima di “We Are UY” avevate pubblicato dei singoli e il mini album “All Hail Urusei Yatsura”. Rispetto a quelle registrazioni, per realizzare il vostro primo album, avevate già le idee più chiare ed eravate consapevoli sul di tipo di suono che volevate?
“All Hail” era girato un po’ ovunque. Stavamo uscendo dalla nostra fase shoegaze quando siamo andati a fare “We Are Urusei Yatsura”. Volevo rendere il disco un po’ più rumoroso e più coerente. L’idea era di usare pochissimi effetti, di mantenerlo primitivo. Niente riverbero, solo una sorta di garage rock. Volevo catturare un set di 40 minuti, come se stessimo suonando un live show. Il suono del disco è costituito dalle mie chitarre Woolworths, dalla Jagstang di Fergus e da alcuni pedali di distorsione di base. La maggior parte del disco è stata suonata dal vivo con la band nella stessa stanza. Poi ci siamo occupati solo delle voci e abbiamo corretto alcuni degli errori più evidenti.
Avete registrato l’album con John Rivers. Quanto ha influito la sua presenza su questo disco?
John Rivers ha fatto un ottimo lavoro nel catturare i suoni che producevamo. Era felice di lasciarci fare. Eravamo abbastanza ben preparati, visto che avevamo suonato nei live proponendo questi brani e lui non era un produttore che ti consigliava come rifare il tuo lavoro, magari riarrangiando le canzoni o ti diceva di usare accordi o suoni diversi. Ha capito subito cosa stavamo facendo e credo che fosse piuttosto divertito da noi. Era felice di ogni esperimento stupido che volevamo provare ed era davvero incoraggiante. Ha reso possibile il processo di realizzazione del disco e si è assicurato che fosse buono. Penso che abbia fatto un ottimo lavoro. Con il passare del tempo, poi, sono stato in grado di ascoltare il disco in modo più disimpegnato e mi piace molto quello che ha registrato.
Ci sono un paio di episodi divertenti o ricordi molto piacevoli che, durante quei giorni di registrazione, sono rimasti impressi nella tua memoria?
Considerando che siamo stati tutti insieme in una grande stanza per una settimana, è stato molto più piacevole di quanto si possa immaginare. Eravamo molto eccitati all’idea di fare il disco, quindi tutti erano abbastanza su di giri. John aveva un videoregistratore Betamax e un mucchio di cassette, ma ci siamo divertiti a scoprire che che le uniche cose guardabili erano “Shining” e un gruppo di cartoni animati di “Ren e Stimpy” (una serie dei primi anni ’90). Queste cose hanno dato il tono al soggiorno. John ci ha portato un paio di volte al suo pub locale per fare chiusura e ci siamo fatti delle belle risate con lui. Leamington Spa è una città molto bella, ma un po’ carente di negozi di musica, così ci siamo ritrovati in difficoltà nel dover comprare dei plettri e un rullante di ricambio quando quello di Ian si è rotto. Lui era a pezzi. Alla fine l’abbiamo riparato con una gruccia.
La copertina di questa ristampa è diversa dall’originale, anche se è ancora composta da polaroid. Mi sono sempre piaciuti quei giocattoli: la pistola a raggi laser, la radiolina, il walkie-talkie, la tastiera…credo che fossero tutti oggetti che avevate in casa, giusto?
Tutti gli oggetti della copertina originale erano cose che avevamo in giro per casa all’epoca. L’astronave forniva i rumori del laser in “Road Song” e “Majesty” e usavamo il walkie talkie per distorcere le nostre voci. Lo tenevamo vicino ai pickup delle nostre chitarre e ci urlavamo attraverso. Ian lo aveva sulla sua bicicletta quando era bambino. C’era anche una foto del nostro dittafono, che usavamo per registrare le interviste per la nostra fanzine e delle pistole a raggi, che avevamo sempre con noi. Una volta Everett True (giornalista e musicista inglese, conosciuto artisticamente come The Legend!) venne a casa mia per intervistarci e io nascosi tutti questi oggetti in un frigorifero vuoto. Ero un po’ imbarazzato quando li trovò. Non credo di aver mai recuperato le polaroid originali usate quando abbiamo fatto la copertina nel 1996, così ho dovuto farne una nuova, usando le foto dell’epoca. Portavo sempre con me una polaroid e scattavo foto alle persone, così ho deciso di usare queste. I ritratti erano molto più belli rispetto agli scatti originali, perché la polaroid ha un’area di messa a fuoco fissa e non va bene per i primi piani. E questa volta le foto sono a grandezza naturale. Questa volta volevo davvero essere onesto!
Ma le due voci che cantano contemporaneamente in “Siamese” come vi sono venute in mente? La canzone è sempre stata così fin dalla sua prima composizione?
Ricordo di aver suonato, o forse anche registrato, Siamese per la prima volta quando stavamo aiutando un amico che stava facendo una registrazione per un corso di registrazione del suono al college. Fergus aveva gli accordi e una vaga idea di come sarebbero dovute andate le parole. Abbiamo registrato la musica e poi ci siamo seduti nella mensa vuota a scrivere pagine e pagine di versi che Fergus ha poi modificato nella canzone. Sembrava sensato avere due diverse serie di parole contemporaneamente, visto quanto avevamo scritto.
Riascoltando il disco hai qualche canzone preferita? La mia, te lo dico subito, è “Kernel”. Adoro quella canzone, riesce a far emergere diversi lati del vostro sound.
È probabilmente anche la mia canzone preferita, grazie Riccardo. Mi piacciono le parole che ho buttato giù per questa canzone. È un po’ malinconica e ne cattura il sentimento, credo. “Plastic Ashtray” e” Kewpies” sono grandi brani di Fergus. Anche “Pachinko” mi è piaciuta molto quando l’ho riascoltata dopo tanto tempo. Sarebbe potuto essere un singolo a mio avviso. Mi piace molto il riff di “Fall” e le grida di “Death 2 Everyone”. Adoro i suoni di “Phasers On Stun”. Quella piccola coda alla fine l’ho costruita io stesso con una chitarra accordata in modo casuale, basandomi sul ritmo di batteria improvvisato da Ian. Dura esattamente quanto la quantità di nastro che ci era rimasta sulla bobina dopo aver registrato “Phasers”. Questo tipo di creazione casuale non poteva avvenire ai tempi della registrazione digitale, perché il tempo a disposizione è infinito e nulla è fisico. È un tipo di registrazione molto analogico. Abbiamo registrato “Burriko Girl” su una sola traccia, dato che ne avevamo una disponibile sotto un’altra canzone che avevamo già su nastro. Il brano scorre al contrario tra l’altro. Fergus l’ha cantata dal vivo nella stanza della batteria con me con me accanto che battevo su una drum machine giocattolo, un modo assurdo di provare a registrare una canzone così delicata se ci si pensa un attimo. Fortunatamente l’abbiamo fatto e John è stato felice di lasciarci provare. Credo che il ritmo traballante, a mio parere, aggiunga pathos.
Sono molto contento della presenza di un secondo vinile pieno di b-side. Da dove provengono quei due brani che sono etichettati come “Voxel Tapes”?
Vengono da un paio di giorni di registrazione che abbiamo fatto con Thom Falls. Era il suo corso di registrazione del suono al college quello per il quale abbiamo registrato Siamese. Siamo andati al Practice Pad a Maryhill, che era il primo studio di registrazione completamente digitale di cui avessimo mai sentito parlare. Abbiamo usato una canzone intitolata “Pampered Adolescent” per uno split single che abbiamo fatto con i Blisters in cui lui suonava. In due giorni comunque abbiamo registrato abbastanza da pubblicare un album, che sarebbe stato il passo successivo prima di entrare in contatto con la Che Records. Abbiamo finito per fare qualche singolo con loro l’anno successivo e queste registrazioni furono accantonate. Abbiamo ri-registrato diverse canzoni in seguito per usarle come b-side: la verità è che non eravamo convinti al 100% dell’ambiente di registrazione completamente digitale. Mi sono messo in contatto con Thom di recente e mi ha fornito delle copie di quel materiale. Ho usato queste prime versioni di “On Yr Mind” e “Teen Dream” perché sembravano perché suonavano piuttosto fresche e nessuno le aveva mai sentite prima.
Ogni volta che ascolto “Majesty” mi chiedo come abbia fatto a non finire sul disco…è una canzone bellissima e voi l’avete messa come b-side! Incredibile! Forse a voi ragazzi non piace quanto a me?
Era una delle nostre preferite dal vivo. Non so, credo che forse non fosse adatta all’album. Era sicuramente abbastanza buona per essere inserita. Probabilmente ci stavamo assicurando di non usare troppo i rumori della pistola a raggi!
Ma chi è quel piccolo gruppo di persone che applaude all’inizio e alla fine di “Sucker” (o forse non c’era nessuno ed è solo un effetto messo in post-produzione)?
Siamo solo noi, Alex Kapranos e Charlie Macintosh. Per qualche motivo abbiamo pensato che sarebbe stato esilarante far sembrare il brano come se lo stessimo suonando in un lounge bar. Grandi applausi all’inizio e poi applausi sarcastici e delusi alla fine. Tutto falso. Si può solo sentire Ian che fa un verso alla Homer Simpson verso la fine. Ci ha fatto ridere troppo per essere rimosso.
Hai parlato prima di “Burriko Girl”, che compare nel secondo vinile. Per me resta una delle vostre canzoni più belle e commoventi. Com’è nata?
Fergus l’aveva appena scritta mentre stavamo registrando l’album, ma non avevamo avuto il tempo di provarla. Ti ho raccontato in che modo strano l’abbiamo eseguita ed è stata registrata da John. Fergus mi ha detto che è stata ispirata da una notizia di una ragazza in Giappone che si era uccisa e aveva rimosso tutte le etichette dei suoi vestiti per nascondere la sua identità. Quella storia si confonde con un film ambientato in una stazione spaziale. Potrebbe essere Solaris, ma non ne sono sicuro.
Spesso, quando si parla di UY si citano come punti di riferimento Sonic Youth, Pavement o The Jesus & Mary Chain. Tra queste tre band quale pensi sia stata più formativa per voi? Quando ascolto una canzone come “Got The Sun”, ad esempio, sarei tentato di dire J&MC, ma poi ci sono molte altre canzoni in cui mi piacerebbe dire Sonic Youth, mentre in altre, appunto, Pavement. Che ne dici?
Sono state sicuramente tutte influenze per noi. Posso sentire molto dei JAMC in “Got The Sun”, è vero. Ci siamo messi insieme, originariamente, per il nostro amore per i Galaxie 500 e Jonathan Richman. Diciamo che, per quanto riguarda i Sonic Youth, l’album “Sister” è stato il primo album che ho ascoltato. Avevo un video bootleg del loro set a Edimburgo e suonavano le chitarre con cacciaviti e bacchette. Era incredibile e mi sono chiesto: “Perché non lo fanno tutti gli altri?“
Mi piace ricordare come gli Urusei Yatsura fossero anche così legati all’Italia: avete suonato qui e ricordo bellissimi concerti a Milano e Bologna. Poi c’è stato quello strano evento in cui si diceva che la mafia non voleva che suonaste nel Sud Italia, te lo ricordi? Cosa era successo? E poi, naturalmente, la figura di Kiko Loiacono, che credo sia stato importante anche per gli UY, giusto?
Ricordo quello di cui parli, certo. Si trattava di una serata organizzata da Kiko a Bari, forse a scopo benefico o per conto del Partito Comunista cittadino. A quanto pare la “mafia locale”, uso questo termine come ci è stato descritto all’epoca, o, quantomeno, una qualche organizzazione non era favorevole a questo evento e sono state fatte delle minacce affinché tutto saltasse. Abbiamo comunque suonato a Bari un paio di volte grazie a Kiko, che è diventato un buon amico. Ci portava nei bar e ci diceva “Questo ragazzo è mafioso“. È diventato un tormentone per noi. Ci siamo sempre divertiti in Italia e abbiamo amato suonare lì. Una delle cose più belle dell’essere in una band è proprio creare questo tipo di legami e frequentare persone nella “loro” parte di mondo. Io adoro Glasgow, ma è bello anche muoversi. Ho parlato un po’ con Kiko online poco prima che morisse e mi ha mandato ore di video che aveva girato ai festival del 1997. Ci sono filmati di noi e dei Mogwai che suoniamo e parliamo. Non sono riuscito a guardarlo da quando è morto, ma un giorno lo metterò online. Forse anche il filmato della serata Kitten Frenzy con noi, BIS, Delgados e Spare Snare. Tutto è possibile.
Graham, grazie ancora per la tua gentilezza. È stato bello per me fare questo tuffo nel passato, parlando di una band che ho amato e con la quale sono cresciuto. Penso che per tutti voi far parte di questo gruppo sia stato un viaggio non solo musicale ma anche di crescita, o sbaglio? Ma dimmi la verità…sarà possibile rivederti, un giorno, su un palco, anche solo per una volta?
Non preoccuparti Ricky, è stato un piacere! Sì, è stato sicuramente un bel viaggio. Abbiamo imparato a stare insieme in una band e credo che abbiamo registrato del buon materiale. Il viaggio ha avuto alti e bassi, ma ora sono davvero orgoglioso di aver potuto (ri)presentare questo album al mondo, così tanti anni dopo. Mi piacerebbe poter suonare di nuovo alcune di queste canzoni, chissà un giorno…purtroppo non sarà così presto. Abbiamo tutti una nuova vita ora e alcuni di noi non hanno potuto suonare per alcuni anni. Figli, lavoro, insomma la vita! Probabilmente è la cosa migliore, dovremmo tenere il palco libero per nuove giovani band che hanno l’energia, l’amore e l’impegno che il pubblico merita. La nostalgia è un bene, ma dovremmo essere attenti a conservare questo spazio per la prossima generazione.