Non si può dire niente: Milano ama i Baustelle e loro contraccambiano alla grande. Tra pezzi nuovi e vecchi, la band di Montepulciano ha sconfitto lo snobismo in nome del pop.
Oramai sono di casa: Francesco Bianconi, Rachele Bastreghi e Claudio Brasini sanno che quando fanno concerti nel capoluogo lombardo il risultato è un facilissimo sold-out. E infatti “Milano è La Metafora dell’Amore” come dicono nel loro ultimo album dal titolo “Elvis”, e il sentimento è contraccambiato da entrambe le parti.
L’Alcatraz di Milano è doppiamente esaurito, sia in termini di biglietti che di emozioni. Perché il pubblico ha doppiamente espresso qualsiasi tipo di sentimento nei confronti del trio. Un trio che non solo rinnova lo stile, il sound, ma anche la formazione dal vivo con nuovi componenti che uno ad uno esaltano ancora di più la maestria strumentale e canora dei pezzi.
La scaletta si compone di venti pezzi dove, ovviamente, la maggior parte provengono dall’ultimo lavoro. “Spero che ci sia un Elvis nel vostro pelvis“, ci dice Bianconi, e in effetti è proprio così: il pubblico è veramente fomentato, così accaldato che si lascia andare ad ogni tipo di inibizione. Le nuove canzoni, come “Milano è La Metafora dell’Amore”, “Contro Il Mondo”, “Andiamo ai Rave” vengono fuori bene dal vivo.
Ma a sovrastare in termini di ricercatezza tecnica sono le canzoni del vecchio repertorio, come “Baudelaire” che abbandona i synth per lasciarsi andare ad una base che richiama molto il concept gospel di questo nuovo re-branding. Anche “Il Liberismo Ha I Giorni Contati” o “La Canzone Del Riformatorio” vedono in loro un piccolo cambiamento di arrangiamento che, dal vivo, esalta ancora di più il contesto musicale. Non sono mancate le chicche, come “Le Rane” o la sconosciuta “Noi Bambine Non Abbiamo Scelta”, risalente agli anni d’esordio del gruppo.
In quasi due ore di concerto, i Baustelle li ho ritrovati carichi e molto più energici del solito. Hanno intrapreso un percorso in rehab dallo snobismo, che vedeva in primis un Bianconi distaccato, per arrivare all’estrosità pop e rock che effettivamente rende l’ultimo disco un gran lavoro, e il nuovo concept del tour un grande concerto. Si sono incarnati e hanno resuscitato l’Elvis che è in loro, il pubblico l’ha recepito, ha metabolizzato il messaggio, e si è lasciato andare all’edonismo rock’n’roll più caldo di maggio.