Se a parlare deve essere la musica per tradurre un pò di novità sul “substrato” (omen nomen) dietro cui si cela l’artifizio di Aaron Jerome, questo “The Rat Road” colma ampiamente questo obiettivo, riempiendo i 7 anni passati dal precedente album con 22 nuove tracce, lanciando un consistente segnale per i nuovi adepti del produttore inglese, ma anche confortando i vecchi estimatori.
“The Rat Road” esplica questa volontà espressiva troppo tempo tenuta a bada, rovesciando sul piatto una pletora di generi, a volte più generi dentro lo stesso brano, diversi interpreti, circa una dozzina, spoken vari, interludi e al solito bozzetti di canzoni che concorrono a frastornare in modo anche inebriante, dando un colpo abbastanza ferale al prevalente senso di noia di certe produzioni: qui in effetti manca una forma di adattamento, non ci sono pause, come se ci fosse una specie di ossessione al cambiamento, che vista oramai la discreta esperienza di SBTRKT non si può identificare come una sfoggia, ma insomma una faraonica esplicitazione del proprio mondo, di una capacità decisamente duttile, che a volte prende la mano, a volte felicemente trasporta.
Non si può certo tacere sul talento sprigionato da questi suoni, l’ascolto completo e senza distrazioni dell’album può togliere il fiato, si ha la netta sensazione di qualcosa di scintillante, di sfarzoso, come se ci indossassimo l’abito preferito di Jerome, un perfetto outfit sonoro, morbido e stimolante: come non rimanere colpiti dal terzetto “L.F.O.”, “Limitless”, “No intention”, miscugli electro pop, fusioni tra dub step e trip hop, dove emerge tutta la maturazione e personalità da produttore del nostro, che coglie lo spirito e l’intimità tagliente delle voci, qui in particolare in quella di Eliah, nuova musa che con il suo canto distilla una certa dolenza sotterranea, come furono ad esempio le interpretazioni ed il ruolo di Martina per Tricky in “Maxinquaye”.
Come inoltre non restare impassibili al proto funk di “Days go by” e “Demons” con Toro y Moi, forse meglio dell’originale, piuttosto che le variazioni drum’nbass di “You, love” o la deriva new jazz di “U broke my heart but Imma fix it”, che riporta in auge lo stile del mai dimenticato Flying Lotus.
Abbondante e vario, frammentario ed incostante, “The Rat Road ” ci riconsegna un interprete importante della transizione sonora, un esperto manipolatore dei generi musicali in cui l’elettronica riesce a veicolare un senso di emotività, con intarsi esaltanti e senso di ammirazione per tanto osare in campi differenti: è un luccichio che può lasciare a tratti a mani vuote, forse autoreferenziale nei momenti più veloci, ma che sinceramente mancava e ancor più dopo questa prova ci lascia in attesa di vedere se un giorno arriverà un album, in sintesi, più compatto, che faccia il colpo che SBTRKT merita.