Secondo il filosofo Cartesio, per arrivare alla certezza bisogna necessariamente passare per il dubbio: se si è in una condizione di stabilità e certezza assoluta non si ha voglia di migliorarsi, il cambiamento viene visto come una minaccia a cui sfuggire. Così nasce “Dove nascere”, l’album di debutto da solista di Federico Dragogna, noto ai più come paroliere e chitarrista dei Ministri.
“Dove Nascere” parte da tante domande, in primis: chi è Dragogna, oltre che il suo ruolo in una delle band rock più sottovalutate nel panorama italiano? Cosa lo rende se stesso, qual è quella caratteristica intrinseca che lo distingue da altre persone, artisti e non?
Non c’è un’unica risposta: nei vent’anni di carriera con i Ministri, nella mente di Dragogna hanno iniziato a frullare sempre più idee su come sviluppare un proprio progetto, sempre però frenato dalla paura dell’artista. Fortunatamente, però, tutto ciò che è successo negli ultimi tre ha spazzato via ogni briciolo di insicurezze possibili, lasciando a Dragogna la possibilità concreta di sprigionare tutte le anime che ormai a malapena conteneva. Ed ecco che comincia il viaggio di cui parla “Dove nascere”.
Non è un percorso lineare o definito, anzi: ci sono millemila interpretazioni e riferimenti possibili, tra ballad ed elettronica, esplicite ispirazioni alle sperimentazioni ambient di Brian Eno, riflessioni sul concetto cristiano di perdono e molto altro.
“Dove nascere” è un disco che non può né deve essere considerato da una prospettiva sola, nasconde così tante sfumature (spesso l’una legata all’altra) che non si può far finta di non considerarle. Quello che Dragogna mette in mostra è la voglia di scomodare, di dare fastidio (nel senso migliore possibile) a chi etichetta fin troppo genere le opere musicali e chi vede nell’artista solo ciò che ha fatto per la band di cui fa parte – che ci sta, i Ministri sono stati e sono tuttora grande parte della carriera di Dragogna, ma dietro quest’ultimo c’è tanto altro ancora.
Il disco si apre con l’ipnotica “Dubbi”, che non esita ad attaccare determinate… correnti di pensiero (anche se, a dirla tutta, definirle così nel 2023 è piuttosto triste): “c’è gente che aspetta gli alieni / ma poi non sopporta chi viene da fuori”. Decisamente interessanti sono “Musica per aeroporti”, la ballad “Spugna” e soprattutto “Sentiti libero”, che fortunatamente non ha nulla a che vedere con certi messaggi superficiali di personalità altrettanto frivole. “Sentiti libero” vuole essere un richiamo alle coscienze, in primis riflettendo sul significato stesso della parola “libertà”: è riprendere la propria vita e i sogni in mano, il non perdere il controllo a causa degli insuccessi. Convincersi dell’esistenza di questa libertà, prenderla in mano e viversela tutta, sorridendo al mondo senza guardarlo, perchè spesso la libertà è l’unica cosa che abbiamo per davvero – e quando smettiamo di rendercene conto, l’abbiamo già persa.